13 dicembre 2006 Scontro fra treni merci: morti due macchinisti TRENTO - Tamponamento tra due treni merci, alle 5:35, a Borghetto di Avio, lungo la linea del Brennero, praticamente a cavallo tra Trentino e Veneto: due macchinisti sono morti. "E' troppo presto per dire se si tratta di un errore umano o di un guasto tecnico", ha detto il pm di Rovereto Marco Gallina. Le vittime sono i due macchinisti del treno che ha tamponato. Si tratta di Walter Mazzi, di 51 anni, di Lugagnano di Sona (Verona), e Giancarlo Maschi, di Verona. I cadaveri sono stati trasferiti all' Istituto di medicina legale dell' ospedale di Rovereto, a disposizione del magistrato. Secondo una prima ricostruzione, un treno merci diretto verso sud era fermo ad un semaforo rosso, quando è sopraggiunto un altro treno merci nella stessa direzione, che non si è fermato. Ai soccorritori l'allarme è stato dato dai custodi di una vicina fabbrica, ai quali si è presentato uno spettacolo drammatico, con vagoni accartocciati e parte del carico volata nella vicina campagna. Subito - fortunatamente con esito negativo - i vigili del fuoco hanno verificato che a bordo dei treni non ci fosse materiale inquinante o pericoloso. Il traffico sulla ferrovia è stato bloccato con deviazioni verso Tarvisio o trasbordo su pullman. Bloccata per i soccorsi, con deviazioni su strade locali, anche la parallela statale del Brennero. BIANCHI NOMINA COMMISSIONE INCHIESTA Il Ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, ha disposto la nomina di una commissione di inchiesta per accertare le cause dell'incidente ferroviario. La commissione - fa sapere il Ministero - e' composta dal professore dell' Universita' La Sapienza di Roma, Gabriele Malavasi, in qualita' di presidente, e dagli ingegneri Gennaro Scagliarini e Pasquale Saienni, e dovra' far conoscere, entro 60 giorni, le cause dell' incidente. ''Alle famiglie dei macchinisti che hanno perso la vita, Walter Mazzi e Giancarlo Maschi - ha detto il Ministro Bianchi - desidero manifestare il cordoglio dell'intero governo e mio personale''. (fonte: www.ansa.it) |
21 settembre 2006 Morto per l'amianto, risarcimento agli eredi Il Tribunale civile di Bologna ha condannato Trenitalia al pagamento di 500mila euro alla famiglia di un operaio ammalatosi per aver respirato le fibre d'amianto di cui erano rivestite le carrozze dei treni. Bologna, 21 settembre 2006 - Una lunga battaglia legale vede la fine grazie al pronunciamento del Tribunale civile di Bologna, sezione esecuzioni mobiliari, che ha disposto l'assegnazione di 500 mila euro, più gli interessi e le rivalutazioni, agli eredi di M.U. Un operaio impiegato alle Officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie dal '74 al 2000, deceduto a 51 anni nel dicembre 2001 per mesotelioma pleurico per aver respirato le fibre d'amianto con cui erano rivestite le carrozze dei treni. L'uomo aveva lavorato come addetto alla decoibentazione delle carrozze rivestite di fibre d'amianto. La battaglia giudiziaria è stata portata avanti dai legali del lavoratore deceduto, gli avv.Vittorio Casali, Maria Rita Serio e Michela Giaquinto, per ottenere un risarcimento adeguato per la famiglia del lavoratore. Il 18 maggio scorso il Tribunale del Lavoro di Bologna aveva condannato Trenitalia a risarcire 500.000 euro in favore degli eredi. Di fronte al mancato pagamento, i legali della famiglia dell'operaio deceduto avevano *pignorato un conto corrente di un milione di euro aperto da Trenitalia presso la banca Bnl di Bologna. Ancor prima del deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado, i legali dell'azienda,* ritenendo eccessivo l'importo stabilito dal giudice, avevano fatto ricorso in appello e contestualmente avevano presentato un'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza e quindi del pignoramento. Venerdì scorso la Corte d'Appello di Bologna, sezione lavoro, ha emesso un'ordinanza di rigetto del ricorso di Trenitalia, dando così il via libera al risarcimento. Oggi pomeriggio il giudice dell'esecuzione ha definitivamente dato il via libera al pagamento della somma statuita che, considerando interessi e rivalutazioni,* sfiora ormai i 700.000 euro. (fonte: Quotidiano.net - Giovedì 21 settembre 2006) |
20 settembre 2006 Parte bene il presidio organizzato a Roma Termini, dal 19 al 23 settembre 2006 Ieri, 19 settembre è iniziata per la sicurezza nel trasporto ferroviario. Proprio all'uscita della stazione Termini, di fronte al piazzale dei Cinquecento, il "pulmino della solidarietà" ai licenziati ed a tutti quelli che vogliono reagire allo stato di "insicurezza" delle ferrovie italiane ha catalizzato l'attenzione di tanti ferrovieri e comuni cittadini, accorsi in massa a sentire con le proprie orecchie le ragioni dell'iniziativa. Tanti coloro che, incuriositi dal frastuono e dall'allegria - nonostante tutto! - che ha già caratterizzato il "presidio", si sono soffermati per ascoltare e capire come sia ancora possibile che un'azienda licenzi coloro che, in fondo, la mettono in guardia dal mettere in pericolo i propri dipendenti ed i viaggiatori, che poi sono la ragione stessa di esistere della stessa ferrovia. Molti i pendolari che hanno animato la giornata, alcuni dei quali avrebbero firmato di tutto pur di dimostrare la loro solidarietà a Dante De Angelis - presente ed attivo per tutta la giornata (ci sarà anche nei prossimi giorni) - ed ai licenziati di Report. Alla banchetto allestito davanti alla stazione, si è presentato anche il Presidente della Commissione Trasporti alla Camera on. Pagliarini (vedi foto), il quale ha espresso la propria solidarietà ai ferrovieri colpiti dal licenziamento da parte di Trenitalia. Pagliarini è stato incalzato dalle domande di Ezio Gallori, storico animatore di "ancora In Marcia!" e di tante battaglie in ferrovia. Folta la delegazione dei ferrovieri della Toscana, accorsi a dare il loro contributo all'iniziativa. Domani toccherà ai ferrovieri di Genova. Accorrete in massa! |
7 settembre 2006 Agente Unico. In Toscana due macchinisti, sanzionati da Trenitalia con complessivi 8 giorni di sospensione ciascuno per essersi rifiutati di condurre treni ad Agente Unico, sono stati completamente scagionati dalla DPL di Grosseto. E' accaduto che due macchinisti, comandati singolarmente alla condotta di treni ad Agente Unico (cioè un macchinista più un capotreno) si erano ripetutamente rifiutati di eseguire tale ordine, subendo due sanzioni disciplinari ciascuno, ognuna delle quali consistente in 4 giorni di sospensione dal servizio con privazione dello stipendio. I due ferrovieri, nell'impugnare la sanzione di fronte alla Direzione Provinciale del lavoro di Grosseto hanno argomentato il loro rifiuto (ispirato al principio di autotutela di cui all'art. 5 del dlgs 626/94) sostenendo sostanzialmente che: 1 - non era stata effettuata la valutazione dei rischi, dal datore di lavoro, connessa alle prestazioni lavorative rese ad Agente Unico (art. 4.1 del dlgs 626/94); 2 - il telefono cellulare in loro dotazione non era idoneo in quanto non consentiva: • la chiamata selettiva; • di inviare un segnale di allarme in caso di grave inconveniente all’esercizio ferroviario; • di ricevere un segnale di prudenza generalizzata; • la regolare e continuativa loro utilizzazione per la limitata copertura del segnale e per la presenza di molte gallerie lungo le linee ferroviarie; • la certezza che il pdm, pur avendo associato il proprio apparecchio telefonico al numero del treno, venisse sempre raggiunto telefonicamente dai soggetti operatori durante il servizio di condotta: infatti, anche involontariamente, qualsiasi operatore ferroviario dotato di tali telefoni cellulari, avrebbe potuto annullare l’operazione di associazione precedente. 3 - impossibilità di soccorso in caso di maolre del macchinista. Infatti in tali casi: • il secondo agente (capotreno) non è in grado di condurre il treno in caso di malore all'unico macchinista abilitato alla guida del mezzo di trazione, con le immaginabili pericolose ripercussioni sulla sicurezza della circolazione e sulla vita stessa dei viaggiatori; peraltro nessuno dei due lavoratori sarebbe stato in grado di prestare un primo intervento di soccorso al proprio collega traumatizzato, in quanto privo delle nozioni minime previste dalle norme vigenti. La DPL di Grosseto ha successivamente accolto tutte le tesi dei lavoratori. Un vero e proprio dossier sulla vicenda lo troverete all'URL: http://www.macchinistisicuri.info/ms/Sito_web/PulsanteDiSicurezza/archsicur.htm#au E' bene sottolineare che questo risultato è stato possibile anche grazie al lavoro svolto dai RLS del personale di macchina di Torino, per effetto del quale la locale ASL ha emesso la relativa prescrizione a carico di Trenitalia, unica in Italia. Sempre a Torino, recentemente, è stata presentata, sull'argomento, apposita denuncia al Procuratore Guariniello, da parte di tutti i sindacati territoriali. Per richiedere il testo del lodo arbitrale, contattare il postmaster. |
1 settembre 2006 Terrore sull'Eurostar Roma-Torino - Si stacca il portellone a 200 all'ora FIRENZE - Correva a duecento all'ora in una galleria l'Eurostar Roma-Torino quando un portellone si è staccato dalla carrozza ed è finito contro un finestrino. Una scena da brivido: i passeggeri non sapevano che fare, se tirare il freno d'emergenza o attendere che il treno si fermasse alla prossima stazione. Nessuno si era ferito, ma i viaggiatori erano terrorizzati: avevano visto prima aprirsi la porta improvvisamente e poi il portellone si era schiantato, aveva sbattuto contro un finestrino e, con uno strazio di lamiere che aveva raggelato il sangue, era finito chissà dove. Il capotreno è stato avvisato e l'Eurostar, lentamente, si è fermato finchè, a velocità ridotta e senza il portellone della carrozza numero 5, ha ripreso la marcia verso la stazione di Chiusi, in provincia di Siena, dove un altro convoglio ha raccolto i trecento sfortunati passeggeri e li ha accompagnati a destinazione. "Già alla partenza da Roma - hanno detto alcuni viaggiatori - il portellone non si apriva e siamo stati costretti a salire da un altro ingresso". Trenitalia precisa che sono in corso accertamenti per verificare se il portellone, "che era stato bloccato e messo in sicurezza a causa di un guasto, non sia stato oggetto di un atto di manomissione". (1 settembre 2006) La Repubblica.it |
26 agosto 2006 SETTIMANA DI PRESIDIO ORGANIZZATO ALLA STAZIONE TERMINI 18 - 23 settembre 2006 L'Assemblea Nazionale dei Ferrovieri, il Comitato di Solidarietà con i licenziati e la rivista dei macchinisti, "Ancora IN MARCIA!" intendono promuovere una iniziativa pubblica per illustrare e divulgare ai viaggiatori, ai rappresentanti istituzionali ed agli organi di stampa le gravi inadempienze delle FS in materia di sicurezza. Mentre la qualità e la sicurezza del trasporto ferroviario diminuiscono, si inasprisce l'atteggiamento di sfida dell'azienda FS, non più soltanto contro i ferrovieri ma ormai anche nei confronti delle Autorità: ignora i pronunciamenti parlamentari, decine di provvedimenti delle ASL contro l'Uomo Morto, calpesta il Sindacato e importanti accordi nazionali di settore, ignora le sentenze di condanna del Giudice del Lavoro, licenzia per ritorsione i lavoratori e i delegati sindacali che denunciano insicurezza, crea consapevolmente le condizioni per l'aumento della conflittualità nel settore. Chiediamo a tutti i ferrovieri, ai delegati RSU e RLS, alle Organizzazioni sindacali di categoria, nazionali e regionali ed alle associazioni di aderire e dare il proprio contributo organizzativo per la riuscita dell'iniziativa. I delegati RSU/RLS dell'Assemblea Nazionale dei Ferrovieri Seguiranno ulterioni informazioni. Roma, 24 agosto 2006 |
26 agosto 2006
Uomo Morto:
Trenitalia ricorre al
Consiglio di Stato contro la ASL 4 di Prato,
per richiedere
l'annullamento della sentenza del TAR della Toscana.
Il 26 giugno
scorso Trenitalia ha depositato un ricorso presso il
Consiglio di Stato alfine di ottenere l'annullamento della
sentenza del TAR della Toscana che, il 25 gennaio scorso,
aveva respinto il primo ricorso dell'azienda contro l'ASL 4
di Prato, dichiarandolo inammissibile (vedi
notizia) e sostenendo che il ricorso era indirizzato al
soggetto sbagliato, visto che il provvedimento impugnato non
era di natura amministrativa ma penale, in quanto atto di
polizia giudiziaria . Nel nuovo ricorso (ora, al Consiglio
di stato) la società ferroviaria non solo insiste nel
ritenere il provvedimento della ASL alla stregua di un atto
amministrativo (quindi impugnabile di fronte al TAR), ma
sostiene che a monte l'atteggiamento dell'azienda sanitaria
si sia ispirato a norme (art. 20 dlgs 758/94) viziate dalla
illegittimità costituzionale.Nel ricorso al Consiglio di Stato, inoltre, Trenitalia ritiene che la ASL di Prato abbia agito assumendo competenze non proprie nell'emettere contemporaneamente prescrizioni e direttive specifiche per ottemperarle. Interessante (dal punto di vista di Trenitalia, ovviamente) la parte del ricorso che riguarda direttamente il dlgs 626/94. Infatti, poichè in uno dei passaggi della prescrizione della ASL 4 di Prato (ma anche di quelle emesse da altre ASL) si faceva riferimento all'art. 3.1.f del dlgs 626/94 ed ai "principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro e delle attrezzature messe a disposizione dei lavoratori", Trenitalia sostiene che questo articolo della legge è generico e, pertanto, è esigibile solo in presenza di una norma applicativa che non esisterebbe ancora. Poi, nel ricorso stesso, vengono individuate altre violazioni riassumibili in irragionevolezza, travisamento, eccesso di potere, quest'ultimo nel particolare caso riguardante il divieto di utilizzare il VACMA nel territorio di competenza della ASL di Prato, affermazione che l'azienda ferroviaria rigetta sostenendo che, data l'importanza del nodo ferroviario di Prato nel quale si intersecano importanti direttrici ferroviarie nazionali, il divieto dell'organo di vigilanza comporterebbe la paralisi di buona parte del traffico nazionale su ferrovia. Ora che la risposta è nelle mani del consiglio di Stato, è interessante osservare che Trenitalia, in tale ricorso, ha ripetutamente rimarcato l'impossibilità, da parte sua, di rinunciare al VACMA come sistema di controllo contemporaneo della presenza del macchinista alla guida dei treni e del suo stato di vigilanza, altrimenti rischierebbe di perdere il certificato di sicurezza (e, quindi, la possibilità di "fare" trasporto) in quanto avrebbe trasgredito le disposizioni vinvcolanti del gestore dell'infrastruttura, cioè RFI. Questo concetto è stato ripreso (inutilmente) anche in occasione dell'udienza di fronte al Giudice del Lavoro di Firenze che, recentemente (vedi notizia) ha condannato Trenitalia per condotta antisindacale, non avendo applicato accordi sindacali nazionali che prevedevono proprio la rinuncia al "pedale" (controllo della presenza) ad uomo morto. Per questo i sindacati tutti farebbero bene a riflettere sugli accordi che essi hanno sottoscritto ed a richiedere con forza il ritiro delle delibere 35 e 36/2002 di RFI che hanno introdotto in Italia il sistema vigilante ad uomo morto sui treni, inducendo una forte reazione fra i macchinisti, contrari a questo vecchio strumento giudicato pericoloso da decine di ASL in Italia. Questa legittima richiesta fu all'origine della nascita del coordinamento 12 gennaio ed è divenuto successivamente uno delle questioni fondanti (assieme alla riassunzione di Dante De Angelis e degli altri licenziati in ferrovia) dell'Assemblea di Roma dei Ferrovieri. |
18 agosto 2006 L'ufficiale giudiziario ha bloccato un conto dell'ex FS alla BNL di via Rizzoli. Deve risarcire 750mila euro. Amianto, pignorata Trenitalia L'azienda condannata si rifiuta di pagare per un operaio morto di CARLO GULOTTA IN BANCA, la Bnl divia Rizzoli,quando ai primi di agosto s'è presentato l'ufficiale giudiziario con una busta chiusa fra le dita, lì per lì hanno pensato ad un errore. Uno scherzo, forse. E invece l'indirizzo era giusto. Quel funzionario era lì per un pignoramento. Settecentocinquantamila euro che Trenitalia è stata condannata a pagare ai familiari di un operaio delle Officine Grandi Riparazioni morto di cancro nel 2001 e che le ex Fs, a dispetto di una sentenza esecutiva con la firma di un giudice del lavoro, per ben due volte hanno rifiutato di pagare. «Non pensavamo di dover arrivare a questo - dice l'avvocato Vittorio Casali, che coi colleghi Michelina Giaquinto e Maria Rita Serio ha curato la pratica di risarcimento per i familiari di Mauro Urlando, portato via a 51 anni da un mesotelioma pleurico, lo spettro di tutti i manovali Fs che hanno lavorato per anni in ambienti insalubri, a contatto con l'amianto - Per ben due volte, ricevuto il dispositivo della sentenza, ci siamo messi in contatto con Trenitalia chiedendo di rendere disponibile la cifra. Ci hanno risposto picche. A voce.». Così, di fronte al doppio rifiuto (nel frattempo gli avvocati dell'azienda si sono "sfilati", consigliando di trattare direttamente con la controparte) i legali hanno individuato una serie di istituti di credito fìduciari di Trenitalia e alla fine, scovata la Bnl, hanno inviato l'atto di precetto, che prelude al pignoramento vero e proprio. Ai primi di agosto la Bnl ha risposto con un fax allo studio legale, informando che sul conto c'è una disponibilità di circa un milione. Immediato il blocco del conto corrente. L'ultima parola, in attesa del probabilissimo ricorso in appello che Trenitalia, visto l'atteggiamento tenuto finora, non si farà sfuggire, la dirà nell'udienza del 21 settembre il giudice civile dell'esecuzione. Lì, salvo improbabili sorprese, si decideranno modi e tempi del risarcimento. Intanto, fino ad allora nessuno potrà mettere le mani su quel conto corrente. Una parabola amara. «Direi un caso esemplare in negativo -commenta l'avvocato Casali - Non abbiamo riscontrato collaborazione dalle Fs. E già questo è sorprendente. Stiamo parlando di una sentenza immediatamente esecutiva e di un risarcimento assegnato da un giudice del Lavoro ai familiari di una persona morta per esposizione all'amianto, in un luogo dove dovevano esserci presidi e cautele per i lavoratori, e che invece non c'erano. Senza contare che l'allungamento della pratica ha comportato un ulteriore aggravio delle spese per Trenitalia». Vittoria amara, ma su tutti i fronti per i legali dei familiari di Mauro Urlando, ausiliario alle Ogr delle Ferrovie dello Stato dal 1974 e ucciso dal mesotelioma nel dicembre 2001. Perché il contrastatissimo risarcimento innanzitutto è stato riconosciuto dal giudice del lavoro Giuseppe Molinaro per il "danno ereditato", e cioè per le ricadute negative sulla famiglia della vittima. E' il primo caso del genere in assoluto. E intanto resta aperto il procedimento in sede penale contro una decina di ex dirigenti delle Fs che avrebbero dovuto vigilare sulla salute dei lavoratori. Sono imputati di omicidio colposo e lesioni personali gravissime. L'udienza è stata rinviata al febbraio prossimo. Per il risarcimento, invece, nessun altro rinvio possibile. la Repubblica - Bologna - venerdì 18 agosto 2006 -------------------------------------------------------------------------------- La società, condannata e pignorata, spiega: cifra più elevata rispetto a casi analoghi Trenitalia non paga per il morto "Troppo caro il risarcimento" L'avvocato: dimenticano che c'è una sentenza di SILVIA BIGNAMI - CARLO GULOTTA TUTTO ha un prezzo. Anche una vita umana. E quindi, in particolare, ha un prezzo anche la vita di Mauro Urlando, l'operaio delle ex Fs ucciso a 51 anni da un mesotelioma pleurico, un tumore al polmone contratto in anni di lavoro alle Officine Grandi Riparazioni delle Ferrovie. Per la sua morte, una morte "da amianto", un tribunale ha ordinato a Trenitalia di pagare agli eredi 750 mila euro. Sentenza esecutiva. Trenitalia, che ha rifiutato il risarcimento per ben due volte, ha subito il pignoramento per l'intera cifra. E oggi spiega così le ragioni del gran rifiuto. "La società Ferrovie dello Stato precisa che Trenitalia non ha dato esecuzione al risarcimento rivendicato dall'erede signor Urlando perché, valutando la cifra richiesta troppo elevata rispetto ad anloghi casi — anche recenti — in cui si è proceduto ad una transazione con reciproca soddisfazione delle parti, ha ritenuto di proporre appello con riserva di motivi e contestuale istanza di sospensione dell'esecuzione". Risposta singolare. Perché il figlio del signor Urlando, come spiega uno dei suoi legali, l'avvocato Vittorio Casali, «non ha affatto "rivendicato". A suo favore c'è una sentenza del tribunale del lavoro, immediatamente esecutiva, che ha riconosciuto l'entità del danno e anche le responsabilità di chi lo ha causato. Meglio avrebbero fatto le Fs a pagare subito, come prescrive la sentenza, invece di prendere tempo e arrivare a subire il pignoramento». Insomma, è tutta una questione di costi, par di capire dall'asciuttissima prosa delle Ferrovie. Non una parola per la sentenza del giudice del lavoro Giuseppe Molinaro, e anzi la disponibilità a trattare per una cifra meno elevata «com'è accaduto in analoghi casi anche recenti», riservandosi però di proporre appello. Sul piano umano, un'enormità. Ma su questo, le Ferrovie non vogliono farsi cogliere impreparate. Così, ecco il resto della dichiarazione. «Fatto salvo il rispetto per il caso umano, la società Trenitalia non può esimersi da forme di tutela giuridica in linea, tra l'altro, con i recenti orientamenti della giurisprudenza». Come a dire: è la Legge, non possiamo farci niente. «Ci rivedremo a settembre davanti al giudice civile dell'esecuzione — replica tranquillo l'avvocato Casali, che ha curato il caso coi colleghi Michelina Giaquinto e Maria Rita Serio — Intanto il pignoramento l'abbiamo ottenuto». Ieri è tornato a parlare di rischio-amianto anche Vito Totire, presidente dell'Aea (Associazione esposti amianto). Totire ha accusato l'Arpa — che a maggio ha censito i siti "inquinati" — di «controlli lacunosi». «Ne è la prova il fatto che l'amianto nel capannone di via Corticella 203 "è sfuggito" alla mappatura. Quante altre sviste ci saranno?». Troppo lunghi secondo l'Aea anche i tempi di bonifica dell'Ausl. Per cui Totire chiede un «cambio della dirigenza». Fausto Francia, direttore del dipartimento di Sanità fa spallucce e sui tempi ribatte: «Ci mettiamo il tempo che ci vuole: la bonifica è operazione delicata». la Repubblica - Bologna - sabato 19 agosto 2006 |
18 agosto 2006 Uomo Morto bocciato dal giudice, ora servono altre risposte di Alessandra Valentini “Trenitalia deve adempiere agli accordi sindacali con cui si era impegnata alla progressiva disattivazione del dispositivo Vacma nei locomotori”. Ed ancora, “il giudice dichiara antisindacale la condotta di Trenitalia consistente nell’inadempimento agli accordi sindacali di cui in motivazione (…). Ordina a Trenitalia di dare adempimento a tali accordi”. A dirlo non sono i macchinisti o i loro sindacati ma è il giudice del lavoro di Firenze, Giuseppe Muntoni, che il 17 agosto ha condannato Trenitalia a rimuovere quel dispositivo; il Vacma (in francese Veille Automatique Control par Maintien d'Appui ed in italiano Sistema di controllo automatico del mantenimento della vigilanza) è il famoso e famigerato Uomo Morto, contro la cui introduzione i macchinisti si battono da oltre tre anni; gli accordi disattesi sono quelli del 19 aprile 2005, del 23 giugno 2005 e del 25 gennaio 2006, che precedevano la disattivazione del Vacma sui locomotori in transito sul territorio della regione Toscana. Accordi mai rispettati dalle ferrovie, nonostante numerose Asl di tutta Italia – in base alla loro competenza in materia di 626 – avevano dichiarato insicuro l’Uomo Morto, multando e sanzionando Trenitalia per l’utilizzo. Ricordiamo che il dispositivo Vacma, dagli addetti ai lavori definito più eloquentemente Uomo Morto (poiché dimostra solo che il macchinista è vivo o morto), è un pedale che il macchinista, per tutto il tempo del lavoro, deve pigiare a intervalli regolari. Per 55 secondi tiene il piede premuto sul pedale, poi lo lascia ma per non più di 2 secondi e mezzo: se il macchinista non “pedala” secondo queste modalità il treno si blocca. È ovvia l’assurdità di tale meccanismo che incatena con movimenti innaturali e ripetitivi il macchinista al posto di guida ed in più ne impegna la concentrazione sul meccanismo anziché sulla strumentazione di bordo e sulla segnaletica a terra. Un meccanismo che nulla aggiunge e tutto toglie sul fronte della sicurezza, ma che serve a Trenitalia come escamotage tecnico ed alibi per introdurre su tutti i nostri treni un macchinista al posto di due. I due macchinisti erano lo “standard” che per anni ha consentito alle nostre ferrovie di essere le più sicure d’Europa. Da alcuni anni questo primato è solo un ricordo. Ma non basta: Trenitalia negli ultimi due anni, anziché preoccuparsi della questione sicurezza in modo adeguato e con la giusta attenzione, ha portato un attacco senza precedenti nei confronti di quei lavoratori che si sono occupati di sicurezza nell’interesse di chi sui treni ci viaggia e ci lavora. Gli episodi più gravi ed eclatanti, perché sfociati nel licenziamento, sono quelli dei ferrovieri che avevano partecipato alla trasmissione Report e poi il licenziamento del macchinista e Rls Dante De Angelis, licenziato a marzo perché non aveva guidato un treno attrezzato con il Vacma. Oggi la decisione del giudice del lavoro di Firenze rafforza e dà soddisfazione alle lotte di questi mesi contro un’ingiustizia palese ed odiosa come il licenziamento di un lavoratore nel pieno svolgimento del suo mandato e nel corso di una vertenza sulla sicurezza: la questione non era e non è solo il lavoro, ma – non ci stanchiamo di ripeterlo - i diritti più in generale. Tuttavia la sentenza del giudice suscita (almeno in me) anche un po’ di rabbia. Rabbia per il muro di gomma con cui si sono scontrati quanti in questi mesi hanno protestato, scioperato, scritto, solidarizzato contro i licenziamenti e contro l’Uomo Morto. È stato spiegato, raccontato, dimostrato e fatto provare cosa fosse l’Uomo Morto; è stato detto che il macchinista De Angelis doveva essere premiato e non licenziato per la sua azione e per le sue battaglie per la sicurezza. Oggi a dare ragione a i lavoratori e a chi ha abbracciato la loro giusta lotta e le loro sacrosante rivendicazioni arriva il tribunale. Ma da tutti gli altri quando arriveranno le risposte? Chi “pagherà” per l’avventato ed ingiusto licenziamento di Dante De Angelis? Quando tornerà al lavoro Dante? Chi sosterrà ancora le ragioni del Vacma (tra i dirigenti Fs)? Di chi è la responsabilità che sui treni di Crevalcore e Roccasecca era istallato l’Uomo Morto? Di chi è la responsabilità di morti che potevano essere evitate? Di chi è la responsabilità che le Ferrovie dello Stato, una delle più grandi aziende pubbliche, hanno calpestato i lavoratori ed i loro diritti? Per sanare tutto questo non basta la risposta, comunque fondamentale, che viene dalle aule di tribunale: servono altre risposte ed altre azioni. |
Roma, 17 agosto 2006 Una nuova bocciatura si abbatte sul gruppo dirigente di FS. Oggi, infatti, il giudice del Lavoro del Tribunale di Firenze, Giampaolo Muntoni, ha condannato Trenitalia per "attività antisindacale". All'origine del provvedimento una segnalazione del sindacato Orsa di Firenze per il mancato rispetto di ben tre accordi nazionali sottoscritti con tutti i sindacati di categoria il 19/04/05, il 23/06/05 e il 25/01/06. Nei tre accordi formalmente violati dall'azienda si concordava l'esclusione del pedale a UOMO MORTO - meccanismo che obbliga i macchinisti a pedalare per tutto il tempo di lavoro - dalle apparecchiature di sicurezza e di ausilio alla guida. Il Magistrato avrebbe inoltre accertato che nei mesi successivi agli accordi, le fs non solo li disattendevano ma hanno continuato ad installare la contestata apparecchiatura su moltissimi altri treni. L'Uomo morto era l'apparecchiatura che utilizzava il macchinista del disastro di Crevalcore. Tale apparecchiatura è già stata ritenuta non conforme alle norme di sicurezza da numerose ASL in tutta Italia le quali hanno ripetutamente sanzionato Trenitalia. Il rifiuto di questo pedale, che sempre secondo le ASL, distrae dalla guida, stressa ulteriormente i macchinisti e li costringe a posizioni incongrue, era costato il licenziamento del macchinista e delegato alla sicurezza Dante De Angelis. Dopo questa ulteriore bocciatura delle politiche aziendali crediamo sia finalmente giunto il momento di smantellare tutti i pedali dai treni e di revocare i licenziamenti. I Delegati dell'Assemblea Nazionale dei Ferrovieri RSU/RLS ---------------------------------------------------------------------------------- Sicurezza sui treni, un'altra sentenza contro il pedale "dell'uomo morto" Pubblicato il 17.08.06 - Fonte: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=58922 I macchinisti lo chiamano "uomo morto". Ma il nome ufficiale è Vacma, acronimo che sta per il francese «Veille Automatique Control par Maintien d'Appui». In italiano: «Sistema di controllo automatico del mantenimento della vigilanza». Si tratta di un pedale che il macchinista di un treno deve tenere sempre premuto e rilasciare per un attimo ogni 55 secondi per dimostrare di essere «sempre vigile». Insomma di non essere morto. Contro questo "sistema di controllo" introdotto sui treni italiani da qualche anno si battono da tempo i sindacati dei ferrovieri perché produce stress e soprattutto perché sarebbe controproducente: «Abbassa il livello di sicurezza della circolazione ferroviaria in quanto richiamando, ogni 55 secondi, l´attenzione del macchinista all´interno della cabina di guida, lo distoglie dalle segnalazioni, fondamentali per la sicurezza, che provengono dalla linea e comunque dall´esterno della cabina di guida» spiegano dall´Orsa. Per protestare conto il Vacma sono stati fatti anche diversi scioperi. A Dante De Angelis, ferroviere di Bologna, il Vacma è costato addirittura il posto di lavoro. Trenitalia infatti lo ha licenziato perché il 4 febbraio si rifiutò di guidare un Eurostar proprio per la presenza dell´"uomo morto". E nei giorni scorsi il ministero del Lavoro ha disposto l´apertura di un´indagine conoscitiva sul licenziamento di De Angelis. Fino ad oggi il pedale della discordia è rimasto comunque su molti treni del Belpaese. Le cose potrebbero però cambiare nei prossimi mesi. Qualche giorno fa infatti la Procura di Torino ha chiesto che il Vacma venga rimosso dai treni perché, come ha certificato la Asl cittadina, l´uso del Vacma è fronte di stress e quindi di insicurezza. Adesso anche il giudice del lavoro del tribunale di Firenze Giuseppe Muntoni ha stabilito che Trenitalia deve «adempiere agli accordi sindacali, in particolare quello del 25 gennaio del 2006», sottoscritti con il sindacato Orsa, con cui si era impegnata a procedere «alla progressiva disattivazione del dispositivo chiamato Vacma». Nell´accordo del 25 gennaio 2006 si parla infatti di «progressiva disattivazione e di separazione del controllo della presenza e vigilanza» mentre, come scrive anche il giudice nel decreto, «l'azienda ha continuato a installare il Vacma su numerosi mezzi»: dall'ottobre 2005 al giugno 2006, nella divisione cargo, i locomotori con Scmt (Sistema di controllo e movimento treno) più Vacma sono passati da 315 a 473. |
11 agosto 2006 Ferrovieri. Il ministero del lavoro indaga sul licenziamento di De Angelis Il ministero del lavoro ha avviato una indagine conoscitiva sulla vicenda del licenziamento del macchinista e delegato alla sicurezza Dante De Angelis il quale si era rifiutato, il 4 febbraio scorso a Bologna, di guidare un treno eurostar su cui era montato il famigerato dispositivo del pedale a «Uomo Morto». L'incarico è stato affidato alla Direzione regionale del lavoro di Bologna che dovrà relazionare in merito ai fatti all'origine del licenziamento. Un funzionario del ministero del Lavoro ha infatti notificato ieri, alla sede bolognese di Trenitalia, una richiesta formale di notizie sui comportamenti tenuti dai funzionari e dirigenti FS il 4 febbraio scorso nella stazione di Bologna. Dopo numerose prese di posizione, interpellanze e mozioni da parte di parlamentari di tutti gli schieramenti politici, nei giorni scorsi la Commissione parlamentare ai trasporti ha approvato all'unanimità una «risoluzione» che impegna il Governo a «monitorare attentamente tale controversa situazione, nel rispetto delle competenze delle FS, e ad adoperarsi in ogni modo consentito al fine di favorire una composizione positiva della vertenza». Il licenziamento apparve subito infondato anche alla luce delle «Prescrizioni» sanzionatorie emesse da numerose ASL nei confronti di Trenitalia proprio sull'inadeguatezza delll'«uomo morto» e dell'archiviazione del procedimento penale, per interruzione di pubblico servizio, a carico dello stesso De Angelis, avviato dall'azienda presso la procura della Repubblica di Bologna. (fonte: www.ilmanifesto.it) |
11 agosto 2006 Omicidi bianchi. 469 morti sul lavoro nei primi 5 mesi dell'anno A maggio sono cresciuti del 4%. Il ministro Cesare Damiano promette «una svolta radicale» Proposte Dopo le telecamere nei cantieri, nuova idea della Uil. «Una patente a punti per cacciare dal mercato le imprese che non rispettano le norme di sicurezza». Manuela Cartosio I dati sono dell'Inail, ma a diffonderli ieri ha provveduto l'Anmil, l'Associazione mutilati e invalidi sul lavoro. Sono 469 gli infortuni mortali registrati nei primo cinque mesi del 2006. Stessa cifra dell'equivalente periodo dell'anno scorso. Solo ad aprile - c'erano le vacanze pasquali - le morti bianche hanno segnato un -12%. A febbraio sono state 76, come nel 2005. Negli altri tre mesi sono cresciute. A maggio sono state 126, con un aumento del 4%. Il picco, avverte il presidente dell'Anmil Pietro Mercandelli, sarà registrato a giugno e luglio, mesi d'intensa attività in edilizia e in agricoltura, due settori particolarmente mortiferi. Dunque, il 2006 si chiuderà o con una crescita degli infortuni o con un bilancio stazionario. Di certo, non con un calo. Nella puntualizzazione dell'Anmil c'è l'eco della recente polemica con l'Inail che, un mese fa, aveva sottolineato con un eccesso d'enfasi ottimistica la diminuzione degli infortuni mortali nel 2005, smentita dalla ri-crescita di inizio anno. Sono dati noti, nella loro gravità, a Cesare Damiano. Ieri il ministro del lavoro ha elencato le misure che il governo adotterà per imprimere «una svolta radicale» al contrasto degli infortuni. Una, contro il lavoro nero in edilizia, è già stata presa con un ememdamento alla manovrina di luglio. Il 30 agosto, in vista della prossima finanziaria, si aprirà il tavolo sul lavoro nero con le parti sociali. La legge finanziaria stanzierà nuove risorse per la sicurezza sul lavoro? Damiano lo spera, ma non può mettere la mano sul fuoco. Da per certo, invece, che entro la fine dell'anno vedrà finalmente la luce il «testo unico» che metterà ordine alla congerie di leggi e norme in materia di sicurezza e salute negli ambienti di lavoro. Sempre entro la fine di l'anno, di concerto con il ministro delle infrastrutture Di Pietro, saranno varate le nuove regole per gli appalti, essendo pacificifo che il «massimo ribasso» uccide. La sicurezza è il primo costo tagliato dalle imprese. Tiziano Treu, presidente della Commissione lavoro al Senato, annuncia la riapertura a settembre dell'indagine parlamentare sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. C'è un consenso bipartisan, aggiunge, l'obiettivo è d'arrivare al più presto a un testo unico che semplifichi le norme e faciliti gli adempimenti. Il testo unico sta a cuore anche a Titti Di Salvo, ex sindalista della Cgil, neodeputata dell'Ulivo. Ma l'azione più incisiva contro «l'inciviltà» degli omicidi bianchi è la lotta al lavoro nero e precario. Dunque, il governo faccia di tutto «per incentivare la stabilizzazione dei rapporti di lavoro». Tra le nuove disposizioni introdotte dalla coppia Damiano-Di Pietro c'è la chiusura dei cantieri dove i lavoratori in nero superano il 20% degli addetti. Il segretario nazionale degli edili Uil, Franco Marabottini, fa di più. Suggerisce l'idea di una «patente a punti» per espellere dal mercato le imprese che non rispettano le norme di sicurezza. Mentre all'Ilva di Taranto, dove tre operai sono stati licenziati per eccesso di infortuni, si prepara lo sciopero di lunedi, a Reggio Emilia si apprendono nuovi particolari sull'infortunio mortale successo mercoledì all'interno delle Acciaierie di Rubiera. La vittima, un marocchino senza permesso di soggiorno, è stata identificata grazie alle impronte digitali archiviate al ministero dell'interno. «Era al primo giorno di lavoro, non sapevo neppure come si chiamasse», sostiene il piccolo imprenditore edile modenese che aveva assoldato il marocchino. Due edili, subito dopo l'infortunio, hanno fatto perdere le loro tracce. «Strabiliante che uno sconosciuto sia riuscito ad entrare, a mettersi a lavorare e, inopinatamente, a morire», commentano sarcastici i sindacalisti della Fillea Cgil accorsi all'acciaieria dopo l'infortunio. Loro hanno mostrato la carta d'identità, ma sono stati bloccati in portineria. (fonte: www.ilmanifesto.it) |
9 agosto 2006 Licenziati per eccesso d'infortuni. Dall'Ilva, campione dell'insicurezza. (articolo tratto da "il Manifesto" di oggi, 9 agosto 2006) Tre operai dell'acciaieria di Taranto licenziati: troppi infortuni. Lunedì,sciopero di 24 ore Martedì mattina tre operai dell'Ilva di Taranto si sono accorti che il loro badge d'ingresso era stato disattivato. Il perché l'hanno appreso dopo: padron Riva li ha licenziati per eccesso d'infortuni. Succede nello stabilimento siderurgico dove ogni sei mesi un lavoratore ci lascia la pelle, dove nell'arco di un anno si verificano 3.500 infortuni, uno ogni tre dipendenti. Succede quando le massime autorità dello Stato e l'Osservatore romano ripetono quotidianamente che la misura è colma. Succede proprio nel cinquantesimo anniversario della tragedia di Marcinelle. «Fossimo a Carnevale, si potrebbe pensare a uno scherzo», commenta il segretario regionale della Uil Aldo Pugliese. Ma siamo a Ferragosto e l'Ilva approfitta della disattenzione vacanziera per mettere a segno un colpo preparato da tempo. Qualche mese fa Pietro De Biasi, responsabile delle relazioni industriali, aveva convocato una conferenza stampa apposta per sostenere che «più del 30% degli infortuni che si verificano all'Ilva di Tarante sono anomali». Anomali nel senso di fasulli, aveva fatto intendere, inventati per mascherare l'assenteismo. Un passo in più rispetto alla linea tradizionale del gruppo Riva, secondo cui la «colpa» degli infortuni è sempre ed esclusivamente della disattenzione e dell'imperizia dei lavoratori. C'è una palese contraddizione tra non rispettare le norme di sicurezza e inventarsi un infortunio per starsene a casa a poltrire. I tre licenziati, secondo l'azienda, avrebbero fatto entrambe le cose. Sono operai che hanno superato la cinquantina, che lavorano all'Ilva da un pezzo. Perché l'azienda non ha contestato volta a volta le presunte irregolarità?, domanda il sindacato, ricordando che ogni infortunio viene certificato dal capoturno, dal medico e dall'Inail. Oggi Fim, Fiom e Uilm ricorrono alla magistratura contro i licenziamenti,lunedì prossimo 24 ore di sciopero. «Il minimo a fronte di questa infamità», dice Massimo Battista, dell'esecutivo della Fiom, «altrimenti cosa ci sta a fare il sindacato?». Battista non ha dubbi sull'adesione allo sciopero: «Tutti hanno capito che l'Ilva ne colpisce tré per ammaestrarne 13 mila. Questa è una caserma, vige lo stato di polizia, 1200 contestazioni disciplinari in un anno, ti negano l'acqua minerale nei reparti a caldo. I lavoratori non ne possono più, reagiranno». E' Taranto, purtroppo, che non si muove, «la città accetta tutto dall'Ilva». Inquina, fa ammalare la gente, «ma è l'unica cosa che fa girare un po' di soldi». A proposito di soldi, il sindacalista della Fiom ci racconta l'ultima lussuosa offerta dell'Ilva: «Un buono da 100 euro a testa da spendere in un negozio di artìcoli sportivi, se nell'ultimo semestre dell'anno diminuirano gli infortuni». Nemmeno questo è uno scherzo, è la proposta ufficiale avanzata dall'azienda nell'ultimo incontro con il sindacale. Un'azienda che nel 2005 ha fatto profitti per un miliardo di euro, mentre in un paio d'anni l'indice di produttività dell'impianto di Taranto è aumentato del 35%. Lo Slai Cobas incita i lavoratori a ribellarsi contro un padrone delle ferriere che «tratta gli operai come schiavi, pretende sempre carne fresca disponibile e sottomessa». Il capogruppo del Pdci aUa Camera, Pino Sgobio, ha presentato un'interrogazione urgente al ministro del lavoro: «E' inconcepibile che l'Ilva se tre operai a causa di un infortunio non possono recarsi al lavoro ricorra al licenziamento coatto. E' un comportamento antisindacale, un'inquietante scenario da fabbrica di fine Ottocento». Lo scorso aprile all'Ilva due «incidenti» in una sola settimana causarono un morto e tre ustionati gravi. I lavoratori risposero con 32 ore di sciopero, il più lungo nella storia dell'acciaieria. Martedì, mentre l'Ilva ne licenziava tre per eccesso d'infortuni, un operaio rischiava di rimetterci una mano e un altro per poco non finiva in camera iperbarica. (Manuela Cartosio) |
26 luglio 2006 E se spuntano i pentiti delle privatizzazioni La notizia non è da poco. Due giorni or sono i conservatori britannici hanno riconosciuto di aver commesso un grave errore nel 1996 con la privatizzazione delle ferrovie. Sono pentiti. Lo ha dichiarato il ministro ombra dei trasporti del partito conservatore: «la decisione di separare le infrastrutture dalla società di gestione - ha detto - non è stata giusta». In effetti, come è largamente noto, la privatizzazione delle ferrovie è stato un disastro sociale, tecnico, organizzativo e finanziario, conclusosi con il fallimento della società privata RailTrack e la rinazionalizzazione delle reti. L'operazione, nel frattempo, è costata un paio di miliardi di euro al contribuente britannico. In un momento in cui in Italia il nuovo governo di centrosinistra ha lanciato una nuova ondata di liberalizzazioni/privatizzazioni nel settore dei servizi pubblici (e locali) con l'eccezione, da verificare nei prossimi mesi, dei servizi idrici, la notizia vale il suo peso. Uno dei principi chiave adottati dal nuovo governo per giustificare e legittimare la nuova ondata sta precisamente nella asserita necessità di distinguere tra la proprietà del bene o delle infrastrutture che deve/può restare pubblica e la gestione del bene e/o dei servizi connessi che può/deve essere privata. Nessuno può escludere il rischio che l'Italia si trovi fra alcuni anni di fronte a diversi casi di «disastro da privatizzazione» nel settore dell'energia, dei trasporti, della salute, anche perché le possibilità di disastro stanno già facendo capolino qui e là, per il momento in maniera episodica. Penso a certi servizi nel campo della sanità ( per anziani, per esempio), all'alloggio popolare, alle linee di trasporti «secondarie». E' legittimo quindi domandare, ma perché si persiste nell'errore di separare proprietà e gestione di un servizio pubblico , quando questa separazione è dettata unicamente da un fondamentalismo miope derivato dalla teologia capitalista mercantile che fa della concorrenza tra imprese il criterio principe di scelta ottimale tra allocazioni alternative delle risorse, dei beni e dei servizi? Fortunatamente, il nuovo governo ha accettato di fare eccezione per l'acqua, ma si tratta chiaramente di una eccezione. La regola è quella della separazione. La separazione è un errore perché, specie nel caso dei servizi essenziali ed indispensabili alla vita ed al vivere insieme come l'aria, l'energia, la protezione del territorio, la salute, l'educazione, la conoscenza, la sicurezza civile, essa adotta il principio che il punto di partenza per costruire l'edifico dei servizi pubblici di un paes è l'esistenza di bisogni di «interesse generale» (perché comuni a tutti i membri di una comunità), ma a domanda individuale (quale è considerato il «consumo» di gas, di elettricità, di trasporto pubblico, di medicinali, di ricoveri in ospedale, di metri quadrati di casa...). A partire da questo punto, il ruolo dei poteri pubblici consiste principalmente nell'assumere la funzione detta di utilità pubblica ( nel gergo anglosassone le public utilities) per soddisfare i bisogni. Il servizio «pubblico» (perché offerto a tutti) diventa lo strumento che consente di soddisfare le domande individuali dei bisogni grazie al meccanismo dei prezzi o tariffe sul mercato. Da qui la tesi dominante di considerare la quasi totalità dei servizi pubblici come dei «servizi di rilevanza economica» e quindi sottomessi alle regole dell'economia di mercato concorrenziale. Il recentissimo Disegno di legge n. S 772 sui servizi pubblici locali parla dell'inevitabile necessità del «confronto competitivo» fra le imprese gestori dei servizi come se parlasse di una «legge costituzionale» inviolabile Ora, il corretto punto di partenza per l'architettura dei servizi pubblici essenziali ed insostituibili alla vita e d al vivere insieme sono i diritti, umani e sociali, e non i bisogni. Diritto alla salute, diritto all'acqua, diritto alla conoscenza, diritto alla casa.... Da qui, la funzione pubblica deriva dalla responsabilità/dovere della comunità di creare le condizioni ed i mezzi necessari per garantire l'accesso ai beni e servizi relativi ai diritti. Questo è il senso profondo del «potere pubblico», cioè della legittimità derivata dalla responsabilità pubblica nei confronti dei cittadini. Pertanto, il servizio è pubblico e di rilevanza «sociale» perché di esso è responsabile la collettività a tutti i livelli, dal locale al nazionale ed al mondiale, e su tutti i piani , da quello legislativo a quello finanziario ed economico. Questa concezione spiega perché la proprietà del bene/infrastrutture e la sua/loro gestione sono per natura pubbliche e di titolarità di un unico e simile soggetto e quindi non possono essere separate.Partire dai bisogni a domanda individuale anziché dai diritti universali, collettivi, cambia radicalmente la concezione della società e le strategie e le scelte politiche, sociali e tecno- economiche. Quanti saranno fra cinque anni «i pentiti» toccati dal morbo delle liberalizzazioni/privatizzazioni? Non sarebbe meglio per tutti cambiare già ora, ed evitare di compiere l'errore? Riccardo Petrella (presidente dell'acquedotto pugliese) Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it) Questo articolo lo trovi anche su http://italy.peacelink.org/consumo/articles/art_17750.html |
22 giugno 2006 Pronto soccorso in azienda: Trenitalia sanzionata a Campobasso. La ASREM di Campobasso, il 22 giugno 2006 ha emesso prescrizione a carico di Trenitalia spa in quanto quest'ultima avrebbe violato le norme relative al pronto soccorso in azienda, in particolare: - art. 15.1 dlgs 626/94 "...1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati...."; - art. 21.1.e + g dlgs 626/94 "...1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su:...e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;...g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15...; - art. 40.6 dlgs 277/91 "Valutazione del rischio. (RUMORE, ndr)...3. La valutazione è programmata ed effettuata ad opportuni intervalli da personale competente, sotto la responsabilità del datore di lavoro. 4. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati, considerate in particolare le caratteristiche del rumore da misurare, la durata dell'esposizione, i fattori ambientali e le caratteristiche dell'apparecchio di misura. Essi devono permettere in ogni caso di stabilire se i valori indicati ai successivi articoli sono superati.... 6. Il datore di lavoro redige e tiene a disposizione dell'organo di vigilanza un rapporto nel quale sono indicati i criteri e le modalità di effettuazione delle valutazioni e sono in particolare riportati gli elementi di cui ai commi 3 e 4. 7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati in ordine a quanto previsto dal comma 3...." Gli interessati possono chiedere copia del documento al postmaster. |
2 giugno 2006 Donna cade dal treno e muore: rinviati a giudizio dirigenti di Trenitalia e RFI. PRATO. Che Teresa Sortino abbia scelto di uccidersi o sia stata vittima di un incidente, a questo punto poco importa. Quel che conta è che lo sportello del vagone dell'espresso Venezia-Palermo del 16 luglio di 4 anni fa non doveva aprirsi in corsa. Da quello sportello Teresa Sortino, 59 anni, di Caltagirone, cadde mentre il treno attraversava la galleria della Direttissima, tra San Benedetto Val di Sambro e Vernio. Ora per quell'episodio sono stati rinvia ti a giudizio tre alti dirigenti di Trenitalia e Rete ferroviaria italiana, le due società che gestiscono treni e infrastrutture. Sono accusati di omicidio colposo e di aver violato una serie di norme che garantiscono la sicurezza dei viaggiatori n processo inizierà a Prato il 26 ottobre e l'esito potrebbe avere conseguenze onerose per Trenitalia. In ballo c'è un sistema di sicurezza che all'epoca dei fatti non funzionava su tutti i treni e la cui installazione richiede ingenti investimenti La Procura, ieri rappresentata da Roberta Pieri, ha sostenuto che Trenitalia e Rfi dovevano sapere che il sistema di sicurezza sugli sportelli non era adeguato e dunque dovevano modificarlo per garantire l'incolumità dei passeggeri. Il corpo senza vita di Teresa Sortino fu trovato nella notte del 16 luglio 2002 dentro la galleria della Direttissima. Erano stati gli altri passeggeri a dare l'allarme, dopo aver sentito un tonfo e aver trovato lo sportello aperto. Ci vollero poi tre mesi per identificare la vittima, che si era allontanata dalla famiglia e viveva da sola. Anche per questo forse si pensò subito a un suicidio. Un'ipotesi che, in assenza di biglietti e testimonianze dirette, non sarà possibile accertare. Fin da subito, pero, il sostituto procuratore Paola Belsito dispose accertamenti sul vagone e sul sistema di sicurezza dello sportello. Emerse così il problema della cosiddetta "ruota fonica", un disco rotante applicato alle ruote del treno che consente di misurare la velocità di rotazione. Superata la velocità di 5 chilometri orari, il sistema avrebbe dovuto bloccare le portiere del vagone, ma i tecnici del Dipartimento di prevenzione dell'AsI di Prato scoprirono che la sonda del sistema di sicurezza si era rotta. (fonte: il Tirreno) |
29 maggio 2006 CAMERA: Bertinotti riceve delegazione ferrovieri. SI' RAFFORZARE AUTOREGOLAMENTAZIONE LAVORATORI DIRITTO SCIOPERO (ANSA) - ROMA, 29 MAG - Il presidente della Camera Fausto Bertinotti, informa una nota dell'ufficio stampa di Montecitorio, ha ricevuto questa mattina 'una delegazione di ferrovieri composta da rappresentanti dell'assemblea nazionale di Rsu e Rls, da esponenti della rivista sindacale 'Ancora in marcia!' e da Dante De Angelis, il delegato alla sicurezza che e' stato licenziato per aver denunciato l'assenza di adeguati controlli nelle ferrovie ed oggi e' coinvolto sul punto in una vertenza con Trenitalia'. La delegazione, prosegue la nota, ha presentato a Bertinotti 'le 30mila firme raccolte a livello nazionale fra semplici cittadini ed esponenti del mondo della cultura sul tema della sicurezza, ha chiesto che si giunga presto all'approvazione di un testo unico in materia che garantisca una razionalizzazione della disciplina vigente e maggiori tutele per i delegati alla sicurezza e ha infine manifestato l'esigenza di un intervento sul piano della salvaguardia del diritto di sciopero'. Bertinotti, sottolinea il comunicato, 'ha assicurato che rappresentera' ai competenti organi della Camera dei deputati l'esigenza di pervenire tempestivamente alla definizione dell'intervento legislativo prospettato dalla delegazione e, per cio' che riguarda le garanzie sul diritto di sciopero, si e' detto favorevole alle iniziative che rafforzino in proposito il potere di autoregolamentazione dei lavoratori'. (ANSA). |
24 maggio 2006 Finalmente una bella notizia: reintegrato ferroviere licenziato dopo trassmissione "Report"! Trenitalia condannata a pagargli gli stipendi arretrati e spese. Ora tocca a Dante e agli altri! REINTEGRATO FERROVIERE LICENZIATO DOPO TRASMISSIONE REPORT TRENITALIA CONDANNATA A PAGARGLI STIPENDI ARRETRATI E SPESE (ANSA) - GENOVA, 24 MAG - Licenziamento illegittimo, reintegrazione sul posto di lavoro con pagamento di tutti gli stipendi arretrati e rimborso di tutte le spese legali sostenute nei due gradi di giudizio: lo hanno deciso i giudici della corte d'appello accogliendo il ricorso del ferroviere Vito Belfiore, licenziato in tronco da Trenitalia dopo la messa in onda della trasmissione ''Report' sui Raitre del 7 ottobre 2003 sulla sicurezza nelle ferrovie. Subito dopo la sentenza, il ferroviere, accusato da Trenitalia di aver compromesso la sicurezza del treno regionale sul quale era salita la troupe televisiva, ha commentato: 'Il mio licenziamento e' stato illegittimo e Trenitalia e' stata condannata a pagare. La sentenza corrisponde in tutto alle mie aspettative. Finalmente e' stata fatta giustizia ora riprendero' il mio lavoro con coscienza, come ho sempre fatto'. (L' episodio per il quale Vito Belfiore, 54 anni, capotreno imperiese, era stato licenziato avvenne il 10 luglio 2003 sul treno locale 6244 Sestri Levante-Ventimiglia dove furono girate le riprese televisive da una troupe di Report. La trasmissione ando' in onda su Raitre il 7 ottobre 2003 e Belfiore fu sottoposto ad una indagine da parte di Trenitalia insieme a un macchinista di Savona e ad un macchinista e un capotreno piemontesi, a loro volta licenziati. Belfiore si era difeso sostenendo che pensava si trattasse di un controllo interno sulla sicurezza mentre si sarebbe accorto solo in ottobre, vedendo la trasmissione, di cosa si trattava. Aveva anche riferito che riteneva di non aver fatto nulla di grave perche' aveva trovato la troupe a bordo e pensava che fosse stata autorizzata. La tesi di Trenitalia era quella di attribuire a Belfiore un grave inadempimento ai propri obblighi per aver permesso, senza alcuna autorizzazione, che estranei si fossero recati nella cabina di guida; che avessero filmato particolari esterni alla guida; che avessero consentito la plurima fermata del treno con grave rischio alla sicurezza anche delle persone e la discesa di estranei dal treno per ben due volte e, specialmente la seconda, che avessero permesso l' allontanamento a piedi della giornalista e delle altre persone che erano con lei lungo la linea ferrata dentro la galleria'. In seguito alla sentenza di primo grado del 13 maggio 2005, l' allora presidente della giunta regionale Sandro Biasotti affido' un un incarico, in Regione, come consulente nel settore trasporti a Belfiore rimasto senza lavoro. Stamani al processo d' appello l' avv. Agostino Califano, difensore di Belfiore, ha sottolineato l' assenza di tempestivita' nella comunicazione del licenziamento al suo assistito ed ha sostenuto che i dirigenti di Trenitalia erano a conoscenza della presenza della giornalista autrice del reportage e dell' operatore. Il legale ha aggiunto:'In base agli episodi confermati da Belfiore avrebbe potuto esserci una sospensione da 5 a 7 giorni mentre per il licenziamento deve esserci un danno molto grave'. 'C' e' una mancanza di proporzione - ha concluso - tra l' addebito e la sanzione macroscopica'. Hanno poi parlato gli avvocati Enzo Morrico del foro di Roma e Paolo Tosi di Milano che assistono Trenitalia. Il primo ha motivato la tardivita' del licenziamento con 'eventuali esigenze istruttorie come previsto dal contratto' ed ha accusato Belfiore di non aver annotato la sosta in galleria sul diario di bordo. Ha quindi parlato di violazioni dolose in quanto c' era la coscienza e la volonta' di fare una certa azione in assenza di autorizzazione'. L' avv. Tosi ha rimarcato che 'c' e' stata una violazione di doveri elementari' e che 'si sono verificati fatti di clamorosa gravita''. La corte d' appello presieduta da Giovanni Russo (giudici Alberto Haupt e Giuseppe Diomeda) dopo circa un' ora e mezza di camera di consiglio ha emesso la sentenza. La reintegrazione di Belfiore dovrebbe avvenire nei prossimi giorni e, a questo proposito il legale di Belfiore domani scrivera' alle Ferrovie perche' adempiano a quanto disposto dai giudici della corte d' appello, compreso il saldo delle spese e degli stipendi arretrati calcolati complessivamente in sessantamila euro. (ANSA). |
11 maggio 2006 Dante aveva ragione, le ferrovie invece no. (Francesco Piccioni, inviato a Pistoia). Un giorno di festa proprio ben scelto. La «festa del macchinista», scadenza annuale animata da tempo immemorabile da Ezio Gallori, è stata benedetta in tempo reale dalla sentenza con cui il tribunale di Bologna ha archiviato l'inchiesta formale contro Dante De Angelis. Ossia contro il «delegato alla sicurezza» che un paio di mesi fa si rifiutò di guidare un eurostar equipaggiato con l'«uomo morto», un pedale inventato agli inizi del '900 per verificare se il macchinista era sveglio oppure no e che oggi - sessanta anni dopo - le Fs stanno istallando ancora su tutti i locomotori passandolo per un «sistema di sicurezza». Più ancora dell'archiviazione sono importanti le motivazioni della sentenza. Il giudice infatti considera «legittimo l'atteggiamento di autotutela» adottato da Dante; giudica «non imputabile al macchinista» il ritardo con cui il treno è partito (e che era costato a Dante la denuncia per «interruzione di pubblico servizio»); ritiene l'azienda responsabile del ritardo nelle comunicazioni scritte (i «modelli m40») con cui disponeva il cambio di conducente. Una vittoria giudiziaria piena, che anticipa logicamente la sentenza che costringerà le Fs a riassumere Dante con le stesse funzioni, ma che tuttavia non ripaga - sindacalmente e politicamente - i ferrovieri riuniti a Pistoia. «Le ferrovie avevano scelto di colpire Dante proprio perché è un delegato che fa il suo lavoro con senso di responsabilità. Hanno voluto mettere in piedi un caso esemplare per piegare tutti noi. Ora devono fare marcia indietro in modo altrettanto esemplare». Lo sciopero di 24 ore del 20, 21 giugno resta pertanto in piedi. Dichiarato dal «Coordinamento nazionale dei delegati Rls e Rsu», iscritti a tutti i sindacati ma in aperta polemica con i vertici, considerati troppo acquiescenti verso l'azienda; tanto nella discussione contrattuale, quanto nella vicenda dei licenziamenti dei quattro ferrovieri che avevano collaborato con una puntata della trasmissione Report - e, ovviamente, per l'atteggiamento tenuto dopo il licenziamento di De Angelis. Tra i protagonisti della festa la neosenatrice Franca Rame e il giurista Luigi Ferrajoli. Nominati «ferrovieri ad honorem» per lo storico impegno in difesa dei lavoratori e dei loro diritti. Vengono premiati i giornalisti «più attenti» e i ferrovieri «che non pedalano» (quelli che, come Dante, si rifiutano di usare l'«uomo morto»), i pensionati che hanno lasciato un segno con la loro presenza nella categoria. E' forte e chiaro il senso di appartenenza che questa categoria coltiva da oltre un secolo, trasmettendo da una generazione all'altra un complesso di conoscenze tecniche, sindacali e politiche che ancora oggi chiamano semplicemente «coscienza di classe». Magari ammiccando tra loro, come chi è custode di un segreto che gli estranei fanno fatica a capire. E colpiscono i giovani, quelli che hanno ancora un contratto ultra-precario e magari un orecchino, eppure scherzano con i «maturi» e i pensionati come farebbero tra coetanei. Ma di che parlano? di capi e di politica, di vicende personali e di lavoro, e di come cambia. Dell'orario, per esempio, che Fs sta da anni forzando «flessibilmente», secondo il modello inglese. Con turni settimanali che sforano verso l'alto l'orario (42 ore invece delle 36 contrattuali) e settimane considerate di «recupero fisiologico» in cui, invece, incentivano lo straordinario (gli stipendi, da anni, vedono arretrare il loro potere di acquisto). Una sorta di «lavoro sommerso» creato all'interno stesso di una azienda che è ancora di proprietà pubblica. Ci sarà, presto, occasione di riparlarne. (fonte: www.ilmanifesto.it) ------------------ Di seguito riportiamo il testo della sentenza. La copia (dall'originale del documento) può essere richiesta direttamente al postmaster. --------------------------------------------------------------------------------------------------- PROCURA DELLA REPUBBLICA
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11 maggio 2006 Folle corsa del treno senza freni, un morto. di F. Falcone e F. Morello Una corsa impazzita da Bardonecchia fino a Chiomonte. Trenta chilometri senza freni, a 120 orari in discesa, senza possibilità non solo di fermarsi, ma anche soltanto di rallentare la velocità che cresceva di secondo in secondo. Poi schianti a raffica, binari distrutti, fiamme, e una vittima: Luka Milinkovic, 35 anni, macchinista del treno senza controllo, origine croata, residente ad Ancona. Così, ieri verso le 17, un locomotore giallo con tre vagoni di una società privata che sta eseguendo lavori nel tunnel del Fréjus ha seminato una scia di disastri lungo e fuori la linea dell’Alta Valsusa. Disastri e morte. All’origine della tragedia, un problema all’impianto frenante che collega il locomotore, il badone, al resto del convoglio che avrebbe dovuto essere «ricoverato» in deposito a Bardonecchia. Guasto di cui Milinkovic si è reso subito conto, e subito ha cercato di frenare una corsa che diventava invece sempre più spedita. Il treno non ha risposto ai comandi, ha iniziato un viaggio non previsto, il macchinista ha lanciato l’allarme, ha provato e riprovato a frenare mentre la motrice coi tre convogli accelerava in discesa. Inutile. Disperato, Milinkovic si è sentito perso, e quando ormai la velocità del treno gli pareva incontrollabile e il destino segnato ha deciso di cercare la salvezza con un gesto disperato, l’unico possibile: oltrepassata la galleria che conduce al Ponte della Comba Scura, dopo Exilles, si è lanciato sulla massicciata. Ma il suo tentativo di salvezza si è trasformato in tragedia: l’uomo ha colpito con la testa la ringhiera del ponte ed è morto sul colpo nell’impatto. «Poteva essere una strage», dice adesso l’assessore ai Trasporti della Comunità Montana, Giorgio Bortolucci. E non è la solita frase fatta. Poteva davvero essere una strage, oltre questa morte: il treno dei lavori in corso ha superato, durante il suo viaggio incontrollato, due passaggi a livello aperti, e prima di incendiarsi, fermandosi, ha provocato una lunga serie di danni sopra e oltre la massicciata. L’ultimo dei tre carrelli, che trasportava una cisterna con polvere di cemento, si è sganciato dal convoglio alle porte di Chiomonte ed è finito oltre le protezioni della linea ferrata, nel giardino della villetta di Clemente Molino, in via Gaiet 11. Si è ribaltato, squarciato, parte del cemento è stata proiettata nel raggio di diversi metri, fino a colpire la fiancata di un’altra casa vicina, quella dei fratelli Remofil. Senza il terzo carrello, la velocità del treno impazzito - e anche senza più macchinista - è cresciuta ancora. Anche il secondo carrello, con a bordo un elevatore, si è sganciato, ha abbattuto un traliccio dell’alta tensione che alimenta la linea aerea dei pantografi. Poi il badone, con l’ultimo rimorchio, si è infilato come una scheggia in stazione. A questo punto, parte delle griglie elettrosaldate utilizzate per realizzare basi di cemento (a bordo di quest’ultimo carrello) si sono mosse, alcune hanno toccato terra sollevando le pietre lungo i binari. Sassi sono schizzati come proiettili in stazione e oltre, fin sulla strada: due persone sono rimaste lievemente ferite. «E’ un miracolo che non ci siano altri morti», commenta più di un soccorritore. Dieci minuti prima non sarebbe finita così: «A Chiomonte, sul binario 4, si è fermato il regionale per Bardonecchia - riferisce un ferroviere in stazione -. Sono scese numerose persone». Bersagli viventi per quelle pietre schizzate ovunque. La corsa impazzita e l’incubo sono finiti poche centinaia di metri dopo la stazione: la motrice, rimasta agganciata a un solo carrello, ha preso fuoco. Si è fermata. Le ricerche del macchinista sono iniziate immediatamente: due elicotteri hanno sorvolato i 30 chilometri di tragitto, si sono abbassati e di nuovo alzati alla ricerca di un corpo che è stato trovato verso le 18 sul Ponte della Comba Scura. Il cadavere di Milinkovic. La linea ferroviaria da e verso Modane è interrotta. Due le inchieste aperte: è possibile che, nella fretta, non sia stato collegato l’impianto frenante di tutti i carelli. Certo è che «il problema della sicurezza - dichiara Mauro Poggio, Cgil trasporti - è un nodo costante nel trasporto ferroviario, che il sindacato ha più volte sollevato. Ci sono molte aziende che lavorano in appalto, e come in tutti gli altri settori ci domandiamo se l’appalto garantisca sempre le condizioni di sicurezza necessarie». (fonte: www.lastampa.it) |
5 maggio 2006 TAV:pareti di muovono, salgono i costi del tunnel esplorativo. (Dell'inviato Renato Botto - ANSA) - LANSLEBOURG (FRANCIA) - Lievitano i costi della realizzazione delle discenderie, i tunnel esplorativi della Tav Torino-Lione costruiti in territorio francese. La colpa e' di una 'sorpresa geologica', un minerale che si sposta, l'houiller, trovato in abbondanza nella galleria di San Martin la Porte. I lavori vanno a rilento, la media e' scesa da nove a un metro di scavo al giorno, perche' la volta e le pareti del tunnel devono essere protetti da centine telescopiche. Ma Francois Lepine, il presidente della Ltf, la societa' italo-francese costituita per gli studi e i lavori preparatori della Torino-Lione, tra cui il discusso cunicolo di Venaus in Italia, non si scompone. ''E' normale che in un'opera di queste dimensioni ci siano contrattempi - afferma - e i soldi e il tempo in piu' impiegati oggi sono una risorsa per il futuro, una garanzia che non ci saranno sorprese quando partiranno i lavori per la costruzione dell'opera vera e propria''. Fra pochi giorni, il numero 1 di Ltf, presentera' l'aggiornamento delle spese al consiglio di amministrazione della societa'. Nessun problema, pero', ha spiegato Lepine, anche perche' a Venaus e' ancora tutto fermo e l'aumento di spesa rientra, per il momento, nei 535 milioni di euro stanziati per gli studi (100 milioni) e i lavori preparatori. Altri 50-55 milioni di euro sono in budget per la gestione della Ltf. Lepine, ex prefetto in numerose citta' e regioni della Francia, e il direttore generale di Ltf, l'ingegnere italiano Paolo Comastri, hanno partecipato ieri sera a un'assemblea pubblica a Lanslebourg, un piccolo centro della alta valle della Maurienne dove la preoccupazione maggiore e' per l'arrivo dei materiali scavati nel cunicolo di Venaus. All'incontro hanno assistito oltre 200 persone, con una folta rappresentanza di 'No tav' saliti con un pullman e auto private dalla Valle di Susa. In sala molto dissenso, ma espresso senza toni esasperati, anche da parte degli abitanti della Maurienne. ''Opporsi alla Torino-Lione - ha osservato Francois Lepine - e' un controsenso rispetto alla volonta' espressa da Italia e Francia, sotto governi di destra e di sinistra. Fra qualche giorno - ha spiegato il presidente di Ltf - in Francia partita' l'inchiesta pubblica sull'opera: verranno raccolte le osservazioni degli enti locali, poi una commissione indipendente, a fine giugno, presentera' il suo rapporto al prefetto e questi a sua volta preparera' un dossier da inviare al ministro dei Trasporti''. Intanto, sul fronte italiano a Venaus e' tutto fermo. Alberto Perino, leader dei movimenti popolari contro la Tav, urla a Lepine: ''In Valle di Susa la Torino-Lione non passera' mai'. l presidente di Ltf e' invece molto diplomatico: ''Non commento le difficolta' che hanno finora impedito l'avvio dei lavori del cunicolo esplorativo - dice - ma verosimilmente, quando si completeranno gli effetti delle elezioni politiche in Italia la riflessione collettiva consentira' l'avanzamento dei lavori''. I vertici della Ltf e geologi hanno illustrato lo stato dell'arte dei lavori preparatori e dei sondaggi, ribadendo ''che il rischio di trovare amianto in Italia e' minimo e limitato. In quantita' sporadiche, a 350 metri di un settore lungo chilometro del tunnel di Bussoleno''. |
4 maggio 2006 Ferrovieri alla politica: «basta con l'autoritarismo» (Fonte: il manifesto) Roma, 4 maggio 2006 - Ora tocca alla politica. I licenziamenti politici nelle ferrovie - quattro macchinisti che avevano collaborato con la trasmissione Report di RaiTre e Dante De Angelis, delegato rls che si era rifiutato di guidare un eurostar dotato di Vacma - devono rientrare, anche prima che la giustizia del lavoro faccia il suo corso. Questa la richiesta avanzata ieri mattina in un convegno dai ferrovieri; questa la promessa che i parlamentari di sinistra presenti - Diliberto, Cento, Boghetta - hanno fatto propria. Comincia con un dialogo quasi teatrale tra le ragioni del macchinista e quelle «dell'azienda», ma si entra così subito nel merito. I problemi sono tanti. I ferrovieri, in pochi anni, si sono ridotti da 220mila a poco più di 90mila. Ma al gruppo Fs non basta mai. E vorrebbero dimezzare i macchinisti, costringendoli a guidare i locomotori con l'«agente unico», invece che in due come adesso. Per questo hanno rispolverato il preistorico Vacma - detto anche «pedale a uomo morto», un meccanismo del primo novecento - presentato come «sistema di sicurezza». In realtà serve solo a vedere se il conducente è ancora vivo (di qui il lugubre soprannome), non se sta reagendo a un pericolo. I treni di Roccasecca e Crevalcore (2 e 17 morti) ne erano dotati; ma non è servito a niente. Nuemrose Asl e procure ne hanno decretato la rimozione, ma Fs continua a farli installare su numerosi treni, anche modernissimi, in barba anche agli accordi sottoscritti. E poi c'è il «modello sociale autoritario», come lo chiama Paolo Cento, vigente in Fs. Figlio di una cultura della «competitività» che pretende di risolvere le equazioni economiche con il semplice dispotismo sul lavoro. Ma Fs va oltre: è arrivata a denunciare i comitati di pendolari che per protesta contro ritardi e cancellazioni hanno in qualche caso occupato i binari; e, con la legislazione degli ultimi anni, ha trovato anche giudici disposti a comminare multe pesanti ai cittadini. Piergiovanni Alleva, giuslavorista della Cgil e avvocato di De Angelis, non ha dubbi sull'esito giudiziario della causa contro il licenziamento; ma avverte la necessità di avvertire sul paradossale effetto «giuridicizzante» dei conflitti di lavoro che finiscono in tribunale: i lavoratori tendono a «vigilare meno», come se la tutela legale potesse sostituire la forza della partecipazione diretta alle vertenze. E da Genova arriva la denuncia di una precettazione di massa che va avanti da dicembre. Quando la Asl dispose la rimozione dei Vacma dai locomotori e i macchinisti inziarono a rifiutarsi di usarlo. Le Fs lasciarono marcire la situazione, cancellando decine di convogli locali, fin quando non intervenne il prefetto: il quale ignora le disposizioni della Asl e - grazie a un parere dell'ormai inascoltabile «commissione di garanzia» presieduta da Antonio Martone - dispone la precettazione per tutti i macchinisti «ad libitum». E quindi non c'è proprio nulla da obiettare: tocca alla politica, a un nuovo governo che dia il senso del «voltare pagina» sulle questioni del lavoro. Tocca intervenire, e subito. Francesco Piccioni |
2 maggio 2006 Sciopero treni: la Commissione di Garanzia disorienta i ferrovieri con "effetto annuncio". RSU e RLS decidono di rinviare lo sciopero del 5 e 6 maggio. Roma, 2 maggio 2006 - "Abbiamo revocato lo sciopero del 5 e 6 maggio a causa delle notizie fuorvianti diffuse dalla Commissione di Garanzia. Hanno utilizzato una sorta di "effetto annuncio" per instillare tra i lavoratori e nell'opinione pubblica il dubbio sulla legittimità della protesta che è invece perfettamente regolare. Infatti, con una delibera di comodo, destituita di fondamento e richiamando artificiosamente uno sciopero locale previsto a Bologna il 19 maggio che non avrà alcun effetto sull'utenza, hanno inopinatamente dichiarato lo sciopero nazionale del 5 e 6 maggio non regolare. Il ruolo istituzionale della Commissione dovrebbe essere invece quello di contemperare i diritti degli utenti con quelli dei lavoratori: subiamo invece un atteggiamento formalistico quasi maniacale che sta rendendo impraticabile il diritto di sciopero anche in presenza di fatti gravissimi come i licenziamenti dei lavoratori impegnati sul fronte della sicurezza. Solleveremo ai Presidenti di Camera e Senato quella che riteniamo una vera e propria violazione costituzionale mentre preannunciamo un nuovo sciopero nazionale per la revoca dei licenziamenti e la rimozione del pedale dell'Uomo Morto." I delegati RSU/RLS di Roma Domenico Romeo 3357652237 Danilo Taborri 3357652316 |
21 aprile 2006 Sull'Agente Solo RFI e FS vanno avanti. Allora, a cosa serve la sperimentazione concordata il 25 gennaio u.s.? Qualche giorno fa abbiamo inviato una news dal titolo "Ho partecipato ad un sopralluogo ASL per l'Uomo Morto..." (vai alla notizia) nella quale si narrava di un sopralluogo avvenuto ad opera della ASL di Livorno, su d'una 655 199, per questioni legate all'Uomo Morto. Il senso di quella notizia non poteva che essere collegato anche alle preoccupazioni di molti macchinisti, attivisti e RLS verso la ben nota "sperimentazione" (vai alla notizia), frutto dell'accordo fra FS/oo.ss. del 25 gennaio 2006. Ebbene, di quella sperimentazione non si sa nulla, nè da fonte sindacale, tantomeno da parte delle ferrovie. Ma una cosa, invece, è certa: sull'Agente Solo RFI e FS vanno avanti, con il supporto determinante del Ministero delle Infrastrutture. Dopo l'emanazione della prescrizione prescrizione n° 938 del 31.3.2006 (Direttiva n. 13/2006/DIV.5 del 9 marzo 2006 emanata dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti), con la quale il Ministero entrava a "gamba tesa" nelle relazioni industriali affermando il principio che è alla base dell'Uomo Morto e, anzi, imponendo di fatto una rivisitazione dei tempi di intervento sul pedale del VACMA (non più 55'' ma addirittura 30''), il 3 aprile u.s. è stata emanata da RFI la prescrizione RFI-DTC/A00011/P/2006/0000949 (Provvedimenti tecnico-organizzativi di cui all'art. 3bis dell'IPCL e al punto 21 dell'allegato XIVter IPCL) nella quale, in buona sostanza, viene confermata la bontà del modulo ad Agente Solo, a partire dai treni merci. Nell'occasione viene ribadita l'autorevolezza del parere del Ministero espresso con lettera del 7 agosto 2003 (inclusa, per memoria, anche nella prescrizione del 3 aprile). Allora sorge spontanea la domanda: a cosa serve la sperimentazione concordata il 25 gennaio u.s.? Ferrovieri, macchinisti, sull'Uomo Morto e sull'Agente Solo non è possibile abbassare la guardia, nè fidarsi troppo di chi, a parole, dichiara di volerci tutelare. La vicenda del licenziamento del RLS/macchinista Dante De Angelis ci ha insegnato che sono i ferrovieri stessi che decidono le proprie sorti, organizzandosi e promuovendo autonomamente le azioni di lotta necessarie, coinvolgendo legittimamente tutte le oo.ss. ma tenendo stretti i legami con la base dei lavoratori: con loro stessi. Ora, dopo le importanti iniziative dei giorni scorsi da parte della oramai nota Assemblea Nazionale dei Ferrovieri, sorta spontaneamente dopo il licenziamento di Dante, occorre organizzarsi per il prossimo sciopero nazionale dei ferrovieri che l'Assemblea, in occasione dell'ultima riunione del 13 aprile u.s., ha unanimemente voluto. Ora come non mai occorre compattezza fra i ferrovieri, alla quale le oo.ss., responsabilmente, sappranno affiancare la propria forza. Ma tutto questo non può consentirci tentennamenti. Ed a proposito delle citate prescrizioni di RFI e dell'Agente Solo, sarebbe opportuno che tutti i soggetti sindacali respingessero con sdegno tali propositi che, oltre a fare strame del lavoro di stretto appannaggio sindacale, getta un'ombra scurissima, pregiudiziale, sul prosieguo della vertenza VACMA che, non dimentichiamolo, ci deve vedere sempre più decisi verso il rifiuto totale del "pedale" sia da primo che da secondo agente, atteggiamento che le prescrizioni degli organi di vigilanza hanno, una volta per tutte, legittimato. Avanti col rifiuto dell'Uomo Morto! No all'Agente Solo! Sciopero nazionale (il 5 maggio?) al più presto! |
21 aprile 2006 MACCHINISTA FS VINCE CAUSA SU RISCHIO DA POLVERI Arriva direttamente da Palermo la prima vittoria dei lavoratori nella guerra contro l'amianto. Con una sentenza destinata a lasciare il segno, alla fine di febbraio il giudice del lavoro di Termini Imerese ha sancito – per la prima volta in Italia – il principio che la prestazione d'opera in un luogo di lavoro “a rischio amianto” rappresenta in sé un “fattore usurante”. Da cui deriva che deve essere riconosciuto un coefficiente di abbattimento dei termini di permanenza in servizio per ottenere il massimo della pensione, o un coefficiente di rivalutazione economica della pensione medesima. In poche parole, chi si è trovato a lavorare a contatto con il pericoloso materiale cancerogeno potrà contare su un minor numero di anni di contributi per accedere alla pensione, o comunque potrà godere di un'entrata più sostanziosa per la propria vecchiaia. Ad aver segnato il gol è un ferroviere, il macchinista Carlo Castronovo, che ha intentato con successo una causa all'Inps e si è visto riconoscere il diritto “alla moltiplicazione dell'importo pensionistico per un coefficiente di 1,5 per l'intero periodo di prestazione di lavoro in favore di Trenitalia SpA”. Il 50 per cento in più, quindi. Se l'Inps non si opporrà alla sentenza, Carlo Castronovo, che ha 55 anni, potrebbe già andare in pensione, perché gli verrebbero riconosciuti altri 15 anni di contributi. Il verdetto riconosciuto a Castronovo assume una importanza fondamentale, perché costituisce il classico “precedente giudiziario”, sulla cui base le centinaia di lavoratori soggetti alle stesse condizioni potranno chiedere giustizia. “La decisione del Tribunale – ha commentato il ferroviere, che è anche rappresentante per la sicurezza della Fit Cisl – infrange il muro alzato dalle aziende su questi problemi, strettamente legati alla sicurezza del lavoro”. Le motivazioni del giudice del lavoro sono inoppugnabili, perché nel pronunciarsi si è basato sui dati contenuti nel registro nazionale dei mesoteliomi tenuto dall'Ispesl, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, in cui si accerta che i macchinisti sono una categoria esposta al “rischio amianto”. La stessa tesi è supportata anche dall'Inail, che ha fornito una tabella in cui attesta che in nove anni sono stati riconosciuti undici casi di macchinisti colpiti da Mesotelioma pleurico, volgarmente detto tumore ai polmoni. Tra l'altro, che i casi di Mesotelioma pleurico nella popolazione sono uno ogni centomila abitanti all'anno mentre tra i macchinisti, negli ultimi anni, il rapporto è stato di circa uno a 18 mila, ovvero in percentuale cinque o sei volte superiore. Numeri inequivocabili, che mostrano come il massiccio uso dell'amianto sia responsabile dell'alta frequenza di tumori polmonari nei lavoratori del settore ferroviario. “Tutto ciò – afferma Castronovo – lascia presumere che l'ambiente di lavoro sia stato contaminato dalle polveri di amianto, a differenza di quanto affermato dai dirigenti delle Ferrovie, e dunque come le contromisure messe in atto in questi anni siano state insufficienti”. E' la statistica a confermarlo, conclude il macchinista. “A questo occorre aggiungere che nel parco-locomotive in dotazione alla Cargo Sicilia manca del tutto una valutazione del rischio amianto, prevista per legge”. Da qui, la decisione congiunta del gruppo sindacale sicurezza del lavoro e della segreteria regionale della Fit Cisl di presentare, lo scorso anno, anche un esposto in Procura, sulla base del quale è stato ottenuto un sopralluogo da parte della Usl. Ma, come al solito, i risultati si fanno ancora attendere. Il primo round è stato vinto, ma la fine della guerra è ancora lontana. E quella contro l'amianto è una guerra ad armi impari, perché le sue fibre sono quasi invisibili, così sottili che ce ne vogliono 335.000 per fare il diametro di un capello, ma sono capaci di provocare malattie mortali. E non abbiamo ancora visto tutto, perché il tempo di incubazione può durare fino a 40 anni, così che il picco della mortalità è previsto tra il 2013 e il 2015. Eppure, troppe esistenze sono già state rovinate, per non dire spezzate, e troppe persone attendono da una vita che giustizia sia finalmente fatta. Ma l'Italia è anche questo. Ed è anche il paese che ospita la più grande discarica di amianto d'Europa. Si trova in provincia di Treviso, nel comune di Paese. Può dare asilo a 460.000 metri cubi d’amianto e si trova a poche centinaia di metri da centri abitati. La provincia di Treviso la ha autorizzata nel 2004, e lo ha fatto senza passare per il “Via”. Come i “ladri” che nel gioco del Monopoli finiscono in prigione senza prendere le storiche ventimila lire. Solo che, in questo caso, “Via” sta per “Valutazione di impatto ambientale”, ed è obbligatoria per tutte le nuove discariche e per i rinnovi di quelle esistenti. Si sa, spesso i giochi invertono le regole del mondo reale. Perché la discarica di Treviso non solo non ha mandato in galera nessuno, ma ha fruttato ben più di ventimila lire. "Questa decisione del Tribunale - commenta Castronovo - infrange il muro alzato dalle aziende su questo genere di problemi strettamente legati alla sicurezza del lavoro, ma troppo spesso marginalizzati. Le motivazioni del giudice del lavoro sono inoppugnabili". Il giudice - spiega la nota della Cisl - nel pronunciarsi si è basato sui dati contenuti nel Registro Nazionale dei mesoteliomi tenuto dall'Ispesl (Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), dove si accerta che il macchinista è una categoria esposta al rischio amianto, tesi supportata da un tabella fornita dall'Inail dove si attesta che in nove anni sono stati riconosciuti 11 casi di mesotelioma pleurico nei macchinisti |
20 aprile 2006 Nei servizi ad Agente Unico, il capotreno apprendista deve essere affiancato dal tutor. "Il giorno 19/aprile/2006 presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Milano si è svolto il Collegio di Arbitrato riguardante l'incidente di Rho che ha visto coinvolta una nostra giovane collega utilizzata nelle funzioni di secondo agente di macchina. L' Impresa, ha contestato alcune mancanze che a "prima vista" non attengono con la dinamica del disastro ma da un'attenta valutazione erano propedeutiche ad una ricostruzione dell'accaduto che addossava la responsabilità esclusivamente al macchinista ed al capotreno. Anche l'entità della sanzione comminata poteva portare ad una valutazione minimalista della procedura, in quanto l'Impresa aveva comminato "solo"una multa. Nel corso della discussione le nostre preoccupazioni si sono rilevate fondate in quanto il Rappresentante di Trenitalia ha dichiarato che il Ctr, pur non trovandosi in macchina con il macchinista, doveva ritenersi corresponsabile in quanto non aveva raggiunto celermente la cabina di guida ed inoltre, delegando al macchinista la chiusura delle porte, poteva aver ingenerato una corresponsabile distrazione dalla condotta atto partenza. La nostra tesi difensiva, oltre a confutare nel merito la contestazione, è stata incentrata soprattutto sulla tipologia di rapporto lavorativo riconosciuto all'agente (contratto di apprendistato) che impone all'Impresa dei doveri contemplati dalle Leggi che si sono susseguite dal '96 ad oggi. Pur non volendo entrare nel dettaglio della nostra esposizione dei fatti, data la complessità della disciplina, vi informiamo che il Presidente del Collegio ha accolto in pieno la tesi sindacale secondo cui il lavoratore non può essere adibito a mansioni che richiedono una complessità decisionale (pur avendo ricevuto tutte le abilitazioni) se non vengono interamente rispettate le condizioni formative previste dalle Leggi ed accordi in essere (in questo caso: affiancamento ad un tutor, costante monitoraggio delle conoscenze teorico/pratiche, turni lavorativi dedicati etc.). Inoltre, su nostra sollecitazione, il Presidente ha assunto l'impegno di dar corso ad un monitoraggio, nel Settore Viaggiante, sull'applicazione delle Norme che regolamentano l'attuazione dei vari contratti soprattutto in caso di utilizzazioni attinenti la sicurezza dell'esercizio ferroviario. Alla luce di quanto esposto suggeriamo un controllo puntuale e meticoloso dell'utilizzazione a ctr dei colleghi assunti negli ultimi tre anni. Cordiali saluti. La Segreteria Nazionale Or.S.A. SPV" --------------------------------------------------------------------------------------------- Alla luce delle dichiarazioni riportatevi circa la necessità di affiancare agli apprendisti un tutor oltre che fornirli di turni lavorativi dedicati (come coerentemente richiesto dalla segreteria spv e dalle Rsu OrSA Lazio nell'ultima riunione con la società) si imporrebbe anche ai macchinisti quanto meno il pretendere di essere messi a conoscenza di quando si lavori assieme ad un apprendista e valutare il da farsi, richiedendo o promuovendo in tal senso eventuali azioni sindacali e/o di denuncia alle autorità. |
12 aprile 2006 Fiamme in Cisalpino presso Zurigo per cortocircuito. ZURIGO - È stato un cortocircuito a innescare l'incendio che si è sviluppato ieri sera sotto il penultimo vagone del Cisalpino Stoccarda-Zurigo-Milano, poi rimasto fermo nella galleria dello Zimmerberg, alle porte di Zurigo. Lo ha riferito questa sera a diversi organi di informazione il capo dell'ufficio federale d'inchiesta sugli incidenti ferroviari e navali, Walter Kobelt. Il cortocircuito, le cui cause non sono ancora chiarite, si è prodotto nel commutatore per il passaggio dal sistema di alimentazione elettrico svizzero a quello italiano, ha precisato Kobelt. Un portavoce delle FFS interpellato dall'ATS non ha voluto commentare questi primi risultati delle indagini. I responsabili delle FFS e le autorità inquirenti, oggi in una conferenza stampa, hanno sottolineato che la fortuna e gli alti standard di sicurezza del tunnel ferroviario inaugurato nel 2003 fra Zurigo e Thalwil hanno permesso di evitare conseguenze peggiori. I 117 passeggeri sono stati messi in salvo da un'imponente operazione di evacuazione. Tre donne condotte in ospedale per un principio d'intossicazione sono state dimesse oggi. I danni ammontano a 100'000 franchi. I passeggeri - è stato spiegato - hanno potuto uscire dal tunnel attraverso le scale a chiocciola di due cunicoli di sicurezza resistenti al fuoco, uno alto 50 e l'altro circa 70 metri. Il tunnel dispone complessivamente di tre di queste vie d'uscita. Ad eccezione delle tre donne intossicate, d'età compresa fra i 16 e i 28 anni, tutte le persone che si trovavano sul treno hanno potuto mettersi in salvo con le proprie forze. Il convoglio si è fermato alle 19.57, pochi minuti dopo la partenza dalla stazione di Zurigo, a quattro chilometri dall'uscita del tunnel, lungo complessivamente 9,7 chilometri. Il macchinista ha segnalato una panne nella carrozza di comando, ma non si è reso conto delle fiamme sotto il penultimo vagone. L'incendio è stato localizzato quindici minuti più tardi dal macchinista di un altro convoglio che ha incrociato il Cisalpino e che era stato avvertito dell'avaria. Si è comunque appreso che il Cisalpino era già rimasto fermo per la medesima panne a Sciaffusa ed era ripartito con 40 minuti di ritardo dopo che il macchinista aveva spento e riattivato il sistema elettronico di guida. La procura di Zurigo ha aperto un'inchiesta in collaborazione con il "Servizio d'inchiesta sugli infortuni dei trasporti pubblici (SII)" del Dipartimento federale dei trasporti (DATEC). Anche le FFS eseguiranno un'inchiesta interna sul Cisalpino, ha affermato il portavoce Dany Härry, precisando che le panne su questo tipo di convoglio sono piuttosto frequenti, ma mai si era arrivati ad un evento di tale portata. Per le operazioni di salvataggio sono state mobilitate più di 500 persone, fra le quali oltre 400 pompieri, una cinquantina di poliziotti e nove medici. A causa del convoglio bloccato, i collegamenti ferroviari da Zurigo in direzione di Coira e del Gottardo sono rimasti interrotti per diverse ore. Il tunnel dello Zimmerberg è stato riaperto al traffico nelle prime ore del mattino. (fonte: www.tio.ch - ATS) |
11 aprile 2006 Ho partecipato ad un sopralluogo ASL per l'Uomo Morto... Il giorno 11 aprile 2006 ho partecipato, in qualità di RLS, ad un sopralluogo disposto dalla ASL di Livorno sulla locomotiva E655 199. Questo sopralluogo s'è reso necessario in quanto erano scaduti i tempi di proroga concessi al datore di lavoro (Trenitalia spa - DT Toscana) perchè ottemperasse alla prescrizione che lo stesso organo di vigilanza aveva emesso a suo carico nel maggio del 2005. La E655 199 è equipaggiata con SCMT/VACMA escludibile (tramite stotz piombato), con punti di reiterazione dei tempi sul manipolatore di trazione, pulsanti "RIC" e "PRE" del SCMT, tromba; in più è dotata di doppio pedale con pedaliera non regolabile in altezza, sedile imbottito regolabile (schienale, braccioli) non fissato sul pavimento (vedi foto) a 5 razze. Il banco di manovra è dotato di telefono GSM-R asportabile a termine corsa (vedi foto) e di 2 touche, entrambre rotanti intorno al proprio asse, di cui una (dx) mobile entro un angolo di 90° (vedi foto). Al sopralluogo erano presenti anche un tecnico ed un medico ASL, un CD di RFI (in quanto la locomotiva, così modificata, non era omologata), un ingegnere di DISQS, il RSPP, un tecnico Ansaldo, oltre ai due macchinisti (di cui uno era IdL). Appena partiti per un breve tragitto (Livorno - Cecina - Livorno) abbiamo potuto constatare che, contrariamente a quanto previsto dagli ultimi accordi sindacali nazionali, è necessario che il pdm "pedali" o tocchi la touche, in continuazione, altrimenti, dopo 2,5'' di inattività, l'apparecchiatura comanda la frenatura del convoglio. Ho chiesto, per l'appunto, che il macchinista guidasse senza toccare niente: è intervenuta la frenatura di emergenza dopo 2,5''. Dopo pochi minuti, il macchinista, con movimento praticamente involontario, già toccava incessantemente la touche; in seguito è successo che per "trazionare" egli allontanasse le mani da essa - senza neanche pedalare - per più di 2,5'': l'apparecchiatura, anche stavolta, ha provocato la frenatura del convoglio. In tale medesima condizione (senza toccare le touches nè i pedali) il macchinista ha usato la tromba, ma anche stavolta è intervenuta la frenatura di emergenza. Riepilogando: in questo sopralluogo, affinche' l'apparecchiatura non intervenisse, occorreva sempre tenere pigiato il pedale o toccare la touche (presenza). La reiterazione (quindi, l'azzeramento dei tempi) era possibile solo se, in aggiunta, si usava la tromba o si interveniva sulla RS del SCMT (il tratto di linea non era attrezzato per l'SCMT ma solo per la RS). Nonostante fossimo costretti ad una bassa velocità (80 km/h per loc. isolata) e non fossero programmate fermate, ho notato un livello di stress da parte dei macchinisti (entrambi con grande esperienza) che mi ha letteralmente nauseato. Alla fine del viaggio, è stato evidenziato che la locomotiva in "prova" non rispondeva nemmeno ai requisiti segnalati da Carcerano (pedaliera regolabile), nè dagli accordi sindacali (presenza non necessaria) nè dalla fiche UIC 651 (sedile piantato sul pavimento) semi-ignota ai referenti di Trenitalia e RFI, tantomeno alla direttiva macchine (DPR 459/96). L'unica cosa buona è stato l'aver riscontrato che sulla locomotiva era attivo il telefono GSM-R di dotazione della locomotiva (vedi foto), esattamente quello previsto dalle norme e che noi tutti rivendichiamo da tempo. Ciò può essere utile nei contenziosi in atto con Trenitalia per ciò che riguarda l'Agente Unico (vedi prescrizione di Torino). |
15 marzo 2006 Ieri 14.03.06 si è svolta a Roma, in una sala del Sacro Cuore stracolma di gente, l’assemblea dei ferrovieri che ha dato mandato agli organizzatori, in assenza di comunicati ufficiali da parte dell’azienda che sospendano il licenziamento, di attivare subito le procedure di raffreddamento per lo sciopero a sostegno della riassunzione di Dante De Angelis. Numerosi interventi hanno sottolineato la necessità di una grande, immediata risposta politica dei ferrovieri che, visto l’atteggiamento della parte datoriale, non possono più permettersi di attendere il corso della giustizia o altri temporeggiamenti, in presenza di un disegno aziendale che sembra sempre più mirare ad introdurre nelle coscienze dei lavoratori un senso di sconfitta per cancellare dalle stesse l’idea di un diritto alla sicurezza scambiandolo con il permesso aziendale alla sicurezza. L’assenza di quasi tutte le segreterie nazionali dei sindacati, eccezion fatta per Sult, Cub e Or.S.A., è stata pesantemente sottolineata in modo negativo da chi vive ancora l’impegno sindacale con l’essere presente al fianco dei lavoratori in quei momenti topici per la chiarezza sui propri reali intendimenti politici a fronte di difficoltà che non sono frutto di azioni scellerate ma conseguenza di una giusta e coraggiosa lotta per la difesa di un diritto di tutti. A chi evitando di interrogare la propria coscienza ha potuto anche solo pensare che Dante “se l’è cercata” vogliamo dire che questo onesto lavoratore paga per accordi che si sono rivelati non esigibili, per ritardi altrui, per mancanze altrui, per responsabilità altrui. Per una linea politica che ha autorizzato, attraverso il silenzio dopo Crevalcore e Roccasecca, a credere che i lavoratori scomodi potessero essere eliminati facilmente da chi amministra una società ancora tutta dello Stato, con metodi che offrono in maniera sempre più chiara l’idea di quanta strada sia stata fatta a ritroso a nemmeno tre anni di distanza dalla firma del CCNL. Un segnale politico chiaro a cui bisogna reagire offrendo una resistenza straordinaria, coinvolgendo tutte le forze sane del mondo sindacale, politico, del lavoro e della società civile, chiamando subito i lavoratori a sostenere questa vertenza con azioni di sciopero e con diecimila Vacma day. Una risposta forte per opporsi a chiunque cerchi di eliminare o marginalizzare le persone che mantengono vivi, con la loro opera, i valori del diritto e della democrazia. Nell’osservare che ancora ieri sera, abbiamo dovuto registrare l’ennesimo disastro dove due treni condotti ad agente unico, pur adottando il dispositivo “uomo morto”, si sono scontrati provocando la morte del macchinista ed il ferimento di 13 persone, invitiamo tutti a sostenere Dante De Angelis con tutte le iniziative che si renderanno necessarie al raggiungimento della sua riassunzione e di obiettivi che riguardano non solo lui come singolo lavoratore ma l’interesse alla sicurezza di una intera collettività che spesso non può rendersi conto di quanta sofferenza e quante vittime vi siano dietro il semplice mantenimento di un piccolo bene comune. Roma 15.03.2006 Segreteria Personale Viaggiante e Assistenza a Terra Lazio |
14 marzo
2006 Trenitalia: libertà di licenziamento (di Alessandra Valentini) Venerdì 10 marzo Trenitalia ha inviato, senza preavviso, la lettera di licenziamento a Dante De Angelis, macchinista e delegato sindacale per la sicurezza. L’antefatto o casus belli è il rifiuto da parte di De Angelis di guidare un treno munito del sistema Vacma o uomo morto. Un sistema che Trenitalia sta introducendo sui locomotori e che consiste in un pedale che il macchinista deve pigiare ogni 55 secondi per “dimostrare” di essere vivo. Il punto è che in questo modo Trenitalia introduce l’agente, il macchinista, unico sui treni invece che i due macchinisti. De Angelis, insieme ad altri macchinisti, da mesi sta portando avanti questa battaglia contro l’introduzione del Vacma, che è anche al centro di tutta la trattativa sindacale in corso con l’azienda. I sindacati infatti hanno già contestato questo meccanismo che ritengono inutile e pericoloso. Si capisce dunque che il licenziamento di De Angelis colpisce individualmente un lavoratore, ma è un colpo che Trenitalia vorrebbe dare a tutta la lotta sindacale. Insomma si colpisce un lavoratore per avvisare tutti gli altri. Ricordiamo che De Angelis, fra l'altro, e' uno degli otto delegati sindacali che presentò un esposto alla Procura di Bologna in cui si denunciano le responsabilità del Vacma nel disastro ferroviario di Crevalcore del 7 gennaio 2004. E’ evidente che ci troviamo di fronte ad un provvedimento ingiusto, contro i lavoratori, contro al diritto di esercitare l’attività sindacale, contro il diritto di svolgere veramente il ruolo di delegato alla sicurezza. Trenitalia dovrebbe preoccuparsi del perché avvengono tanti incidenti, perché gli standard di sicurezza sono precipitosamente calati, perché per fare 38 km si impiegano anche 3 ore, perché sui treni ci sono le cimici e le zecche. Invece di pensare a tutto ciò l’Azienda punisce quei lavoratori che si battono per la sicurezza, nell’interesse non solo di chi sui treni ci lavora, ma soprattutto nell’interesse di chi tutti i giorni ci viaggia. Questo non è lo stesso interesse di Trenitalia, che pensa a risparmiare tagliando sui posti di lavoro e sulla manutenzione ordinaria e straordinaria delle linee, per poi sperperare i soldi in maxi schermi che trasmettono pubblicità nelle grandi stazioni. Ma torniamo al licenziamento. De Angelis è stato licenziato in tronco per essersi rifiutato di utilizzare un sistema che – ironia della sorte – proprio mentre arrivava la lettera di licenziamento - la Asl e la Procura di Bologna hanno sanzionato Trenitalia per il Vacma, il cosiddetto “pedale a uomo morto”. Trenitalia ha ricevuto dalla Procura di Bologna una contravvenzione per aver violato l’art. 35 del Dlgs 626/94. La procura ha confermato quello che i rappresentati per la sicurezza denunciano da anni: “il Vacma nuoce alla salute dei lavoratori ed e' potenzialmente pericoloso per la sicurezza ferroviaria, quindi anche per i viaggiatori”. Nella prescrizione si rilevano a carico di Trenitalia inosservanze in materia di igiene e sicurezza del lavoro, in quanto il Vacma introduce “nuovi elementi di ripetitività, monotonia e costrittività, fonte di fatica psichica e stress”, obbliga i macchinisti “ad assumere posture incongrue in postazioni di lavoro (omissis..) già carenti da un punto di vista ergonomico, e infine induce una possibile riduzione della vigilanza esterna, derivante dalla costrizione ad una maggiore attenzione verso l'interno della cabina di guida''. Leggendo questi dati a De Angelis avrebbero dovuto dare un premio anziché la lettera di licenziamento. Così non è in un Paese dove per i lavoratori diventa sempre più difficile far valere i propri diritti, chi vuole restare con “la schiena dritta” paga in prima persona. Un’Azienda, che comunque ha ancora “qualcosa” a che fare con lo Stato e con il garantire un servizio pubblico, si comporta come il peggiore dei padroni. Ci sembra di essere tornati ai tempi di Metello, cioè agli inizi del 1900, quando dopo gli scioperi e le lotte i datori di lavoro scrivevano fuori dai cantieri “Metello Salani non può entrare”. Noi, insieme a tanti altri altri, siamo tra quelli che non si rassegnano a pensare a che sia veramente così. Roma, 14 marzo 2006 |
14 marzo
2006 MILANO - Un morto e tredici feriti, di cui uno in gravi condizioni. E' il bilancio dell'incidente ferroviario avvenuto attorno alle 21 fra Garbagnate milanese e Serenella. Poteva essere una strage: lo schianto è stato spaventoso, un frontale, difficile per ora stabilire le cause. Forse uno scambio non ha funzionato, forse un errore umano. Di sicuro, un altro incidente, in un periodo nero per le ferrovie italiane. La vittima è il macchinista del Milano-Saronno partito dal capoluogo alle 20,32. Si tratta di Giuseppe Girola, di 41 anni, che abitava a Tradate, in provincia di Varese. All'ospedale di Rho è ricoverato il ferito più grave, che è il conducente del Malpensa Express che viaggiava invece in direzione di Milano. In seguito all'impatto entrambi i convogli sono usciti dai binari e il Malpensa, sviando sulla destra, ha proseguito con alcune carrozze la sua corsa. Nella zona dove si è verificato l'incidente, la ferrovia passa a poca distanza dalle case in una zona dove ci sono prevalentemente villette. Per fortuna nel primo vagone del Milano-Saronno c'era solo il povero conducente, altrimenti le vittime sarebbero state molte di più. I vigili del fuoco e i numerosi soccorritori hanno ispezionato alla luce di potenti lampade portatili i rottami per assicurarsi che nella prima carrozza dell'omnibus, quella che appare più danneggiata (il resto del convoglio, altre sette carrozze, è sostanzialmente integro) non vi fossero altri corpi. Fortunatamente a bordo i due treni non erano particolarmente affollati. Sul posto sono stati medicati e poi accompagnati verso le loro destinazioni una quindicina di persone rimaste ferite in modo leggero, che per la maggior parte hanno riportato solo contusioni lievi. Aperte due inchieste: una giudiziaria e una interna del Gruppo Ferrovie Nord. L'operazione di sgombero proseguirà per tutta la giornata di domani, per cui non saranno operative le linee Milano-Como, Milano-Saronno, Milano-Varese-Laveno, Milano-Novara, Milano-Malpensa. (Fonte: larepubblica.it - 14 marzo 2006) ------------------------------------------------------------------------- Adesso, mentre la linea a quattro binari Milano - Saronno è ancora interrotta per l'incidente di ieri sera a Garbagnate, si parla di "errore umano", dell'omnibus che avrebbe superato il segnale a via impedita scontrandosi con il Malpensa Express che era in traversata dalla "lenta" alla veloce. Il treno investitore era condotto da un macchinista unico (morto nell'incidente), sprovvisto di Ripetitore Segnali ma dotato del Vigilante, un sistema di Uomo Morto che si realizza premendo il pedale: un meccanismo ed un funzionamento che si commentano da sé. Il tutto sembra incredibile, una concomitanza di condizioni negative, quanto di peggio si possa immaginare. La linea è attrezzata con Blocco Elettrico a Correnti Codificate, dunque la presenza di RS avrebbe evitato il disastro: ma la RS sull'omnibus non c'era, troppo oneroso forse per quel materiale vetusto (740). Sulle Nord si viaggia ad Agente Solo con l'Uomo Morto: un doppio agente senza Uomo Morto avrebbe evitato il Morto (e i feriti). Adesso siamo qui a piangere un altro macchinista come noi, l'ennesimo che se ne è andato, vittima di un sistema che genera disastri. L'unico errore umano è quello di non ribellarsi. (Fonte: www.latalpadimilano.it) |
11 marzo
2006 Dante De Angelis, macchinista e delegato alla sicurezza, è stato licenziato dall'azienda. Si era rifiutato di guidare con un vecchio sistema che le ASL ritengono pericoloso. E' la più grave delle provocazioni antisindacali messa in atto dalla Ferrovie da oltre trenta anni. Dante De Angelis, macchinista, delegato alla sicurezza (Rls) eletto dai lavoratori, ha ricevuto ieri mattina la lettera di licenziamento senza preavviso. Il 4 febbraio scorso si era rifiutato di guidare come «primo agente» l'Eurostar 9311, il Bolzano - Roma delle 12,04, perché in macchina era stato installato il pedale Vacma, comunemente detto «uomo morto». Raggiunto per due volte dall'ordine scritto di «abbandonare il servizio», era stata fatta intervenire la Polfer. Il pedale Vacma è un aggeggio infernale che solo l'ignoranza può far definire un «sistema di sicurezza»: ogni 55 secondi un segnale acustico avverte il macchinista, che deve schiacciare il pedale. Se non lo fa, il treno frena; se lo fa per un tempo superiore ai 2,5 secondi parte un altro segnale acustico, e dopo altri 2,5 secondi il treno frena. In teoria dovrebbe verificare se il macchinista non si sia distratto o sentito male; in pratica contribuisce a distrarlo dalla guida, perché lo costringe a concentrarsi sul pedale anziché sulla linea. Ben tre Asl (Prato, Livorno, Genova) l'hanno considerato «dannoso» per il ferroviere e, naturalmente, pericoloso per tutti i passeggeri. Era montato sui treni coinvolti nei disastri di Crevalcore (gennaio 2005) e Roccasecca (dicembre); una tragica controprova, quantomeno, della sua inutilità. In realtà, l'aggeggio serve solo a Trenitalia, che vuole eliminare la presenza, prevista dal contratto, del secondo macchinista a bordo, risparmiando così sul costo del lavoro anche a costo di aumentare i rischi per personale e passeggeri. Era normalmente montato sui treni locali e gli Intercity, ma non si era mai sentito dire della sua presenza sui velocissimi Eurostar. Le installazioni su questi treni solo iniziate da pochissimo, mentre nel frattempo andava avanti una trattativa con i sei sindacati firmatari di contratto per eliminarlo (ben due accordi, il 19 aprile e il 23 giugno del 2005). Le soluzioni «alternative» proposte dall'azienda consistono fin qui nella sostituzione del pedale con un mouse o una «touche», ma il meccanismo (e la finalità prima: la riduzione del personale) è lo stesso. Dante, fra l'altro, non è mai stato abilitato (con un corso di formazione) all'uso del Vacma. Quindi, chiedendone la «disconnessione» al momento di salire su treno con quelle caratteristiche, non faceva altro che rispettare le sue competenze. Di più: come «delegato alla sicurezza» esercitava il suo dovere di richiamare l'azienda rispetto a condizioni di lavoro con conclamati margini di pericolosità. Proprio i delegati alla sicurezza, del resto, avevano dato vita - all'indomani della tragedia di Crevalcore, 17 morti - al coordinamento «12 gennaio», che, insieme ai comitati degli utenti, aveva obbligato tutti i sindacati, l'azienda e le forze politiche a porsi concretamente il problema della sicurezza del trasporto ferroviario. Senza giri di parole: il sospetto che questo licenziamento sia una ritorsione politica è pressoché una certezza. Di questo tenore è anche la dichiarazione di Fausto Bertinotti: «Dopo i gravi incidenti di Cravalcore prima, e di Roccasecca poi, Trenitalia non si può permettere un licenziamento che sa di cieca rappresaglia. Il provvedimento andrebbe immediatamente ritirato, così come un atto di giustizia sarebbe il reintegro di tutti e cinque i ferrovieri in questione» (gli altri 4 furono licenziati per aver collaborato con la trasmissione Report di RaiTre). Ieri erano anche in corso delle trattative tra i 6 sindacati e l'azienda. Orsa e Fast, alla notizia, hanno immediatamente abbandonato il tavolo. Tutti insieme, lunedì, vedranno l'a.d. di Trenitalia, Roberto Testore. Se in quella sede non verrà ritirata la lettera di licenziamento, verrà confermato uno sciopero generale. Probabilmente per il 21 marzo. (fonte: www.ilmanifesto.it - Francesco Piccioni) |
9 marzo 2006 La Procura e la ASL di Bologna sanzionano Trenitalia per aver introdotto l'Uomo Morto sui treni. Dopo Livorno, Genova e Prato, è la quarta volta che l'apparecchiatura VACMA viene dichiarata non idonea e pericolosa. La prescrizione avrà valenza nazionale e per tutti i treni merci e viaggiatori. Richiedete il testo della prescrizione direttamente al postmaster. |
18
febbraio 2006 I RLS dei macchinisti di Trenitalia estromessi dalla sperimentazione sull'Uomo Morto. La tanto osannata sperimentazione sull'Uomo Morto (anticamera dell'agente solo) prevista dall'accordo del 25 gennaio 2006 fra oo.ss. e FS ha escluso, paradossalmente, proprio i RLS, coloro cioè che tanto hanno contribuito a formare coi lavoratori (anch'essi in prima linea fin qui) il vero blocco di legittima opposizione ad un sistema (il vigilante) di cui nessuno ha ancora dimostrato la necessità e la reale l'efficacia per un miglioramento delle condizioni di sicurezza della circolazione e della salute dei macchinisti, mentre è fin troppo evidente lo scopo prettamente economico che Trenitalia si prefigge: circa 6000 macchinisti in meno. A tal proposito consigliamo di scaricare da Internet:
Per questo un gruppo di RLS del pdm di Trenitalia ha inviato una lettera ai vertici delle ferrovie per evidenziare lacune metodologiche nella procedura adottata per la sperimentazione dell'Uomo Morto ed il loro (e quello di tutti gli altri RLS) mancato coinvolgimento in tale progetto. Questa lettera è scaricabile all'URL: http://www.macchinistisicuri.info\ms\Sito_web\UomoMorto\vacma.htm |
10 febbraio 2006 Macchinista non usa il pedale di sicurezza. Eurostar fermo alla stazione Il macchinista dell'Eurostar 9311 Bolzano - Roma si è rifiutato di usare il pedale di sicurezza Vacma: il treno è così rimasto fermo per un breve lasso di tempo alla stazione di Bologna. A riferirlo è stato Savio Galvani, per il coordinamento dei ferrovieri '12 gennaio', quello nato a pochi giorni dal disastro di Crevalcore. Secondo Galvani il ritardo è stato di circa mezz'ora; per l'ufficio stampa di Ferrovie dello Stato invece è stato di 18 minuti, che sono stati poi recuperati in corso di marcia, tanto che il treno è arrivato puntale a Firenze. Il Vacma è un sistema che costringe chi guida il treno ad azionare in maniera continua un pedale, con l'obbiettivo di accertarne la presenza alla guida. I sindacati hanno già contestato questo meccanismo che ritengono inutile e pericoloso. L'episodio di oggi è speculare a quello accaduto sabato scorso, quando lo stesso treno venne fermato a Bologna per un'ora e mezzaper il rifiuto del conduttore di utilizzare il pedale Vacma. In quella occasione Dante De Angelis, delegato sindacale dell'Orsa e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (nonché uno degli otto delegati sindacali che presentò un esposto alla Procura di Bologna per denunciare le responsabilità del Vacma nel disastro ferroviario di Crevalcore del 7 gennaio 2004, 17 i morti) doveva guidare il treno da Bologna a Roma, salendo sul locomotore alla stazione emiliana. Prima di partire ha chiesto però ai funzionari di Trenitalia di disconnettere il contestato sistema dai dispositivi di sicurezza (l'Scmt, ilsistema controllo marcia treno). Al loro rifiuto De Angelis aveva deciso di non guidare il treno e il convoglio si era messo in marcia per Roma guidato da un altro macchinista. (fonte: il Resto del Carlino.it) |
9 febbraio 2006 FERROVIERI Appello a Ciampi per i 4 di Report Una petizione rivolta al capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi e ai dirigenti di partito per la riassunzione dei ferrovieri Vito Belfiore, Riccardo Poggi, Alessandro Carozzo e Angelo Bravadori, licenziati due anni fa dalle Fs dopo aver rilasciato un'intervista alla trasmissione «Report» in cui denunciavano la situazione di disagio e mancanza di sicurezza delle linee e dei treni italiani. Il testo è stato firmato da 50 deputati del centrosinistra e 50 senatori (di cui 3 della Cdl). «Il licenziamento è un grave attacco alla Costituzione, alla libertà di stampa e al diritto di difendere la propria salute», denuncia, in conferenza stampa a Montecitorio, Arturo Giacobbe, collega dei quattro licenziati e promotore di un comitato di solidarietà che ha già raccolto 20mila euro in aiuto alle famiglie. «E' assurdo che non si badi alla sicurezza delle ferrovie e poi si spendano soldi per l'alta velocità», sottolinea Dante De Angelis, rappresentante per la sicurezza dei lavoratori delle Fs. «Una democrazia compiuta non si vede solo dal riconoscimento del diritto di voto, ma dalla tutela dei diritti», spiega il senatore della Margherita Luigi Zanda, promotore della raccolta di firme a Palazzo Madama. Tutti e quattro i ferrovieri hanno fatto ricorso alla magistratura. (fonte: il Manifesto, 10 febbraio 2006) |
febbraio 2006 Dopo l'incidente ferroviario di Roccasecca, continuano i casi di incongruenza fra segnali della infrastruttura e quelli delle apparecchiature di bordo. Ci segnalano che nei giorni scorsi, tra le stazioni di Vernio e Vaiano, i macchinisti di un treno diretto verso Bologna rilevavano il segnale della linea "verde" mentre l'apparecchiatura di bordo RS segnalava "rosso", come si può vedere dalle foto che pubblichiamo. I macchinisti, messisi subito in contatto col D.C. ricevevano da questi rassicurazioni circa lo stato della linea, imputando alla presenza degli operai lungo la linea - che "stavano cambiando qualche lampadina ai segnali in causa" - tale anormalità. Alfine di supportare il collegio legale di difesa dei macchinisti coinvolti nell'incidente di Roccasecca, vi invitiamo a segnalare direttamente allo Studio legale Tanzilli i fatti (simili a quello che vedete qui) di cui siete stati testimoni, inviando un dettagliato rapporto utilizzando la e-mail: tanzillistudio@libero.it |
25 gennaio 2006 Il Tar respinge il ricorso di Trenitalia sull’“uomo morto. PRATO. E’ inammissibile il ricorso di Trenitalia contro la prescrizione notificata dall’Asl 4 di Prato alle ferrovie sull’utilizzo del sistema di sicurezza Vacma, detto anche “uomo morto”. Lo ha deciso in questi giorni il Tar presieduto da Giuseppe Di Nunzio. In pratica il Tar non è entrato nel merito della questione, ma ha semplicemente sostenuto che il ricorso era indirizzato al soggetto sbagliato, visto che il provvedimento impugnato non è di natura amministrativa ma penale, essendo un atto di polizia giudiziaria. Si tratta di un serio “avvertimento” inviato lo scorso 23 novembre dal procuratore capo Beniamino Deidda (nel frattempo nominato procuratore generale presso la Corte d’appello di Trieste) a Trenitalia, sulla scia di altre Procure (Livorno, La Spezia, Cagliari). In sostanza la magistratura sostiene che il dispositivo Vacma è alienante per i macchinisti, ripetitivo e dunque potenzialmente pericoloso. Si tratta del sistema secondo il quale il macchinista deve sollevare il piede da un pedale ogni 55 secondi per comunicare che è in perfette condizioni fisiche. Da più parti il sistema è stato criticato perché, oltre a essere troppo monotono e ripetitivo, distoglie l’attenzione del macchinista da altre cose importanti, per esempio i segnali lungo la linea. Bocciato il ricorso di Trenitalia la questione torna nella sua sede naturale, cioè la trattativa tra Asl e Procura da una parte e Trenitalia dall’altra. L’azienda ferroviaria si era impegnata a presentare proposte migliorative entro il 20 gennaio e l’ha fatto nei giorni scorsi. L’Asl chiedeva la modifica o la sostituzione del Vacma; Trenitalia ha ventilato una modifica per allungare gli intervalli entro i quali il macchinista deve inviare il segnale di sicurezza. La Procura aveva concesso una proroga fino al 16 marzo a Trenitalia per modificare il sistema. (fonte: il Tirreno) |
7 gennaio
2006 Guasto a un treno: interrotta la linea Ancona - Pescara, è caos. ANCONA - Sono otto, secondo alcune fonti, i treni rimasti bloccati a seguito del guasto all'Intercity 784 Lecce-Milano. Trenitalia ha intanto fornito un aggiornamento sulla situazione di cinque treni: l'Espresso 1189 Chiasso-Lecce é stato - o sarà a breve - avviato sulla Falconara-Orte; l'Espresso 906 Lecce-Torino e il 901 Torino-Lecce sono fermi rispettivamente a Civitanova Marche e a Loreto. Per quanto riguarda gli Intercity 785 Milano-Lecce, fermo ad Osimo, e il 784, quello interessato dal guasto e fermo a Porto Recanati, si è concluso il trasbordo dei passeggeri su una quindicina di pullman. L'Espresso 901 dovrebbe poter ripartire una volta che un treno 'tecnico' avrà controllato la linea per valutare eventuali danni provocati dal deragliamento. I viaggiatori complessivamente interessati dal blocco della linea sono circa 3.500, stando a fonti ufficiose, e se si renderà necessario il trasbordo di tutti occorreranno almeno 70 pullman, ognuno dei quali ha una capienza di una cinquantina di posti. Per il 906, Trenitalia ha riagganciato una locomotiva per consentire il riscaldamento del treno. Inoltre, per rifocillare i viaggiatori rimasti bloccati lungo la linea, ha messo a loro disposizione, a proprie spese, i bar delle stazioni di Porto Recanati, Osimo, Loreto e Civitanova Marche. Nelle stazioni di Ancona e Pescara sono poi stati preparati rispettivamente 1.500 e 1.100 panini. Gli accertamenti su cosa sia accaduto ai carrelli delle due vetture del Lecce-Milano sono ancora in corso, ma sembra che poco prima della stazione di Loreto, quando il convoglio procedeva ad una velocità di 25 chilometri orari, il macchinista si sia accorto di un problema alle boccole. Uno dei due carrelli sarebbe uscito fuori dai binari, senza tuttavia provocare feriti o contusi fra i 600 passeggeri, che in gran parte non si sarebbero neppure accorti dell'accaduto. Proteste, per la mancata assistenza, si stanno registrando tra i passeggeri rimasti bloccati a Porto Recanati dopo il guasto all'Intercity Lecce-Milano 784. "Siamo un migliaio di persone - lamenta uno dei viaggiatori che si trovava sul treno - fra cui famiglie con bambini, e da stanotte ancora non si è visto nessuno". "Siamo fermi al freddo nel piazzale della stazione; in più di cinque ore - aggiunge - è arrivata soltanto una pattuglia dei carabinieri". BOLGIA IN STAZIONE CIVITANOVA MARCHE - Oltre 1.500 persone, secondo stime approssimative, sono accalcate nella stazione di Civitanova Marche, indirettamente interessata dal guasto dell'Intercity Lecce-Milano che ha provocato problemi a catena anche per gli altri treni in arrivo o in partenza lungo la tratta. Vi sono bagagli ammassati ovunque e i passeggeri - che hanno con sé anche molti bambini - protestano logorati dalla stanchezza e senza sapere come proseguirà il viaggio. Nel piazzale antistante la stazione c'é un ingorgo di traffico dovuto ai circa 20 pullman con cui i viaggiatori dovrebbero essere 'smistati' verso altre stazioni: da Osimo a Civitanova per quelli che vanno verso sud e da Civitanova a Osimo quelli diretti a nord. Per di più, la situazione del traffico già caotica è aggravata dal fatto che oggi a Civitanova è giorno di mercato. ALLERTATA PROTEZIONE CIVILE MARCHE - La Protezione civile delle Marche è stata avvisata del guasto all'Intercity e delle possibili ricadute sul traffico ferroviario con i conseguenti disagi per i viaggiatori intorno alle 7, e a sua volta ha immediatamente allertato i Comuni interessati e il volontariato civile per fornire assistenza. Sono state anche avvertite le Prefetture di Ancona e Macerata. Secondo quanto ipotizzano i responsabili della Protezione civile marchigiana, i problemi causati dall'incidente potrebbero prolungarsi, dato che oggi, con i rientri dopo le vacanze natalizie, è un giorno già di per sé critico. Fonte: ansa.it |
5 gennaio
2006 Crevalcore: vicina l'iscrizione dei primi indagati. Non solo l’errore umano, ma anche l’assenza di un sistema di sicurezza in grado di prevederlo e tollerarlo. È sulla base di questa considerazione che il registro degli indagati dell’inchiesta avviata dalla Procura dopo la strage di Crevalcore potrebbe presto riempirsi di nomi e cognomi. Si tratterebbe di almeno una dozzina di dirigenti della Rfi - Rete Ferroviaria Italiana - la società che gestisce la tratta maledetta del Brennero dove il 7 gennaio di un anno fa, nei pressi della stazione Bolognina di Crevalcore, hanno lasciato la vita 17 persone. Gli eventuali iscritti verrebbero indagati con le ipotesi d’accusa di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime. Si tratterebbe della catena di dirigenti di Rfi che, ciascuno per la propria competenza, si è occupato della sicurezza nella linea maledetta. La conferma indiretta della svolta nell’inchiesta aperta dalla Procura all’indomani della strage è arrivata da un vertice che si è tenuto ieri mattina nell’ufficio del procuratore capo Enrico Di Nicola e che ha visto la partecipazione del pm Enrico Cieri, il magistrato di turno nel giorno della sciagura: «Entro sabato prenderemo le nostre decisioni - ha piegato Di Nicola - anche sulla base delle risultanze che abbiamo, a nostro avviso già sufficienti allo scopo, sebbene vi sia una ulteriore consulenza che deve essere depositata, in modo che tutti gli interessati possano sapere che a distanza di un anno abbiamo lavorato in modo da arrivare ad un traguardo del genere». Le tre consulenze affidate dai magistrati bolognesi (una quarta verrà depositata alla fine di marzo) relative alle cause dell’incidente, alla gestione delle risorse destinate da Fs per la sicurezza, al funzionamento dei segnali luminosi e alle normative relative specifiche sull’affidabilità del sistema, hanno concluso per l’errore umano come causa principale della tragedia. Ma i consulenti dei pm non si sono fermati qui. Gli esperti si sono posti il problema di capire se a livello industriale e aziendale l’errore del macchinista, che ha “bucato” il giallo e il successivo rosso, poteva essere azzerato. La conclusione a cui sono arrivati è stata eloquente: l’assenza di un paracadute d’emergenza ha contribuito a determinare la tragedia. Se sulla tratta vi fosse stato il controllo marcia treni, l’incidente si sarebbe potuto evitare. Il passeggeri diretto a Bologna era predisposto per avere l’Scmt ma la tratta ne era sprovvista. Ecco perché gli eventuali indagati vanno ricercati all’interno di Rfi che ha la gestione delle infrastrutture della tratta. L’implementazione della linea con la ripetizione del segnale effettuata dopo la tragedia e operativa dallo scorso luglio è un fatto che va in questa direzione. Le consulenze hanno anche stabilito che i segnali luminosi presenti sulla linea erano regolarmente funzionanti e che tutte le strumentazioni della stazione Bolognina, telegestita da quella di San Felice, hanno lavorato correttamente. Il macchinista (morto anch’egli nello schianto) ha frenato leggermente, decelerando di 15 chilometri orari, quando era a 1.200 metri dalla stazione. Prima del verde, dunque, e in modo ininfluente.Poi ha tirato dritto a 120 all’ora per frenare in modo impercettibile solo quando ha visto i fanali del merci, dopo il rosso e dopo lo scasso del deviatoio. Questo vuol dire che non ha visto né il giallo che preannunciava via impedita né il rosso. Ma, dicono gli esperti, se fosse stato attivo il sistema di controllo della marcia del treno, il treno si sarebbe fermato automaticamente. (fonte: Gianluca Rotondi da www.ildomanidibologna.it) |
4 gennaio
2006 Deraglia un Intercity a Rosignano (Livorno) investendo un camion su un passaggio a livello. Oggi a Rosignano, vicino Livorno, un treno ha investito un camion rimasto inspiegabilmente fermo su d'un passaggio a livello in prossimità della fabbrica di prodotti chimici "Solvay". Erano le ore 10:20 quando l'IC 514 Roma - Torino P.N., proprio all'altezza delle grosse torri della fabbrica di proprietà della multinazionale belga, nell'approssimarsi alla stazione di Rosignano s'è trovato davanti improvvisamente un camion carico di sacchi pieni di soda "Solvay", rimasto bloccato in mezzo ai binari. Dalle prime ricostruzioni pare che il conducente del mezzo, nel tentativo di liberare la sede ferroviaria abbia tentato una disperata manovra per allontanare il più possibile dai binari il pesante rimorchio che, invece, è stato investito dalla locomotiva E402B 130 che trainava l'Intercity. Nel tremendo impatto il rimorchio dell'autoarticolato è sbalzato invadendo per fortuna solo parzialmente la vicina carreggiata nord della statale Aurelia, mentre la motrice si è fermata a pochi centimetri dalla sbarra del passaggio a livello. Il camionista, per fortuna è rimasto illeso, così come i macchinisti del treno IC 514, ambedue appartenenti al deposito locomotive di Roma S. Lorenzo. Dal loro racconto abbiamo appreso che uscendo col proprio convoglio da una curva che dista circa 400 metri dal punto in cui è avvenuto l'impatto ad una velocità di circa 140 km/h (come previsto, su quel tratto), essi hanno intuito il pericolo, nonostante l'apparecchiatura di bordo della ripetizione segnali (RS) indicasse la via libera (in gergo "codice 270") senza limitazioni. Così avrebbero fatto appena in tempo ad azionare la frenatura di emergenza e riparare nel corridoio della locomotiva, salvando la propria la vita e quella dei viaggiatori. Grazie al tempismo dei macchinisti e ad una buona dose di fortuna, soltanto la parte anteriore della locomotiva dell'IC 514 è deragliata, mentre le carrozze passeggeri sono rimaste nel binario. Questo ha provocato tanta paura e solo qualche lieve ferito (alla fine se ne conteranno non più di otto). Dai racconti degli abitanti della zona, abbiamo saputo che su quel passaggio a livello sono avvenuti, negli anni, altri incidenti che, però, non hanno mai interferito, come nel caso fin qui descritto, con la circolazione ferroviaria. Una cosa è certa: la sorveglianza del passaggio a livello, fino a qualche anno fa, era affidata a delle telecamere, una per senso di marcia. Così, il capostazione di Rosignano cui spettava il compito di aprire/chiudere il PL, prima di consentire il transito dei treni, attraverso dei monitor si accertava che la sede ferroviaria fosse sgombra da ostacoli. Ma da qualche anno le telecamere sono state rimosse e tutto è affidato ad un sistema di controlli elettrici (che non possono verificare, come invece avviene in altre zone, la presenza di ostacoli sul PL) dei quali il personale ferroviario non può che prendere atto ed agire di conseguenza; oppure, a vegliare sul PL di Rosignano resta il personale di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) di stanza a Pisa da dove, attraverso il moderno sistema SCC (Sistema di Comando e Controllo), tutto dovrebbe essere sotto controllo. Dovrebbe... Per le foto dell'incidente, clicca qui! |
3 gennaio
2005 Esplosione a bordo dell'ETR 480/35. La sera del 3 gennaio 2006 sull'ETR 480/35 del treno 9356, durante il rientro nel DL di Roma SL, dopo soli pochi minuti dalla fine del servizio viaggiatori, nella stazione Termini di Roma, il macchinista sentiva un fortissima esplosione proveniente dalla cabina AT della BAC di coda. Fermato il treno e fatti i primi accertamenti ricoverava il materiale e chiedeva l'intervento del personale della manutenzione. La violenta esplosione ha scardinato la porta blindata della cabina AT e ha divelto alcuni pannelli del corridoio. Risultano evidenti i segni di una scarica elettrica di bassa intensità e di una fortissima onda d'urto, per lo spostamento d'aria, che ha interessato il corridoio e l'intercomunicante. Le cause dell'esplosione sono ignote (assenza di scariche atmosferiche, guasti alla linea elettrica, ecc.) e le ricerche si concentrano sull'interrutore rapido (di particolare concezione per l'uso di un gas spegni arco ) e su un condensatore filtro che risulta danneggiato. Sono in corso accertamenti aziendali. I lavoratori macchina e officina esprimono preoccupazione per le conseguenze che fatti del genere possono causare a viaggiatori e addetti sia in caso di esplosione che per l'eventuale presenza di sostanze tossico-nocive all'interno delle apparecchiature elettriche interessate. Per le immagini dell'incidente, clicca qui. |